August 24, 2006

Italian Elections 2006 (blog directory)

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Italy's post-election challenge

Morire al mondo

Un lungo week-end di qualche settimana fa mi ha fatto scoprire un posto che non poteva non tornarmi in mente in questi giorni della Settimana Santa, ed oggi, appunto, più che mai. Il nome dice già molto: Morimondo, dal latino Mori Mundo, “morire al mondo.” I monaci Cistercensi arrivarono a Coronate, località situata tra Pavia e Milano, sulle sponde del Ticino, nel 1134, e la scelsero per erigervi un’abbazia che prenderà il nome di Morimondo (o Santa Maria di Morimondo) in quanto filiazione dell’abbazia (sempre cistercense) di Morimond, in Borgogna. Il luogo, isolato e silenzioso, era l'ideale per ciò che cercavano quei monaci, il cui Ordine, come si sa, è indissolubilmente legato a un’idea del monachesimo piuttosto severa e ascetica, come volevano San Roberto di Molesme, il fondatore, e San Bernardo di Clairvaux, il figlio più illustre.

Il luogo, grazie al cielo, ha mantenuto parecchio dell’aspetto e delle caratteristiche che avevano incantato i fondatori. E’ difficile spiegare l’atmosfera che vi si respira. Quando l’ho visitato io, poi, c’era una nebbiolina che rafforzava l’impressione di un luogo vagamente magico, davvero fuori dal mondo. Il che ha dell’incredibile se pensiamo che Milano è davvero a due passi (a portata della linea della metropolitana che collega Abbiategrasso alla capitale lombarda). Merito, credo, anche di una fondazione che si occupa della salvaguardia del luogo. L’abbazia è stata sottoposta a restauri significativi (ma non ancora completati). Una documentazione fotografica abbastanza esauriente—insieme ad altre informazioni utili—la si può trovare qui. Le immagini, come al solito, valgono più di tante parole.

Una cosa notevole è il borgo medievale che circonda l’abbazia, anch’esso restaurato, ristrutturato, e comunque mantenuto “a misura della storia.” Poche villette recenti non guastano lo spettacolo d’insieme. Mentre un provvidenziale Parco Lombardo del Ticino, piuttosto ben tenuto, garantisce un contesto all’altezza. All’uscita (o all’entrata) dell’area abbaziale, dove un tempo sorgeva il cimitero dei monaci, i restauratori hanno collocato una targa di bronzo sostenuta da un’asta conficcata nel terreno. C’è scritto:

QUI IL MONDO MUORE. QUI IL MONDO RISORGE

Morire al mondo può essere pressoché impossibile persino per la maggior parte dei “veri credenti,” ma indubbiamente la via è quella. C’è una sorta di “nichilismo” anche nel cuore del cristianesimo. Ma il nihil di cui qui si ragiona è soltanto una tappa nel cammino verso un tutto che riesce a dar senso persino al nulla. Anzi, soprattutto al nulla. E soprattutto oggi.

[Questo post è stato pubblicato per la prima volta su windrosehotel.splinder.com il 14 aprile 2006]

Mercatini di Natale / Christkindlmarkt


Il 7 e l’8 dicembre gita a Bolzano. Mercatini di Natale. Suggestivi e di gran moda—come tutti sanno fin troppo bene, a giudicare dalle folle (se volete andarci, evitate, se potete, i giorni festivi). Comunque, un’uscita che merita sotto vari punti di vista, come proverò a sintetizzare qui.

Dunque, per prima cosa Bolzano d’inverno è più bella e accogliente, il clima è festoso e la città è ben attrezzata per accogliere decine di migliaia di turisti attirati appunto dai mercatini di Natale (che tra l’altro si tengono, oltre che nel capoluogo, anche in varie altre località della Provincia Autonoma). L’artigianato locale fa bella mostra di sé nelle bancherelle (Piazza Walther e Piazza Municipio, oltre che nelle piazze delle Erbe, del Grano e della Mostra) e nei negozi del centro (i Portici). C’è molto di “turistico,” questo è certo, ma c’è anche altro, se si vuol cercare.

Qualche annotazione a margine sulla Kermesse: ottime, veramente, le frittelle di mele, preparato con arte il vin brulé, mediocri le torte Sacher assaggiate, speck notevole (non della solita onnipresente Casa di San Candido), generalmente buono il pane nelle celebri varietà locali. Una curiosità: che io sappia Bolzano è l’unica città italiana in cui, in strada, subito fuori dai negozi, come in Svezia e Danimarca, si usa mettere dei posacenere, con grande beneficio per i marciapiedi che non sono invasi da cicche di sigarette.

Infine, messa dell’8 dicembre in Duomo (romanico e gotico: superbo), a mezzogiorno. Non saranno mai lodati abbastanza la cura, la disciplina e il buon gusto che presiede all’esecuzione dei canti. Una signora, d’accordo, ha accompagnato la celebrazione con le solite melodie post-conciliari, ma in una maniera che faceva dimenticare la non eccelsa qualità musicale dei brani. Il tutto illuminato da due splendide performances: Panis Angelicus e Ave Maria di Gounod.


[Questo post è stato pubblicato per la prima volta su windrosehotel.splinder.com il 9 dicembre 2005]

Il mare ottobrino


Il mare ottobrino è qualcosa di unico. Non fa più caldo, non è ancora freddo. L’acqua è fresca. Il sole va e viene. Ora è scomparso dietro le nuvole. Grigio è il colore dominante, in varie gradazioni.

Dopo l’equinozio, il regno della luce e dei colori si è trasferito altrove, forse tra i boschi, lasciando sulle coste solo qualche sentinella. Laggiù uno scorcio azzurrino, all’estremità opposta il verde pallido delle dune.

Ora, quasi più nulla distingue questo scenario da quello del Mare del Nord.

Si è riappropriato di se stesso, geloso custode della propria ciclica solitudine. E’ il tempo del deserto, della meditazione. Quaranta lunghi giorni per ritrovarsi.

La bimba ha raccolto delle conchiglie. “Sono tutte reginette”. E’ chiaro, dopo l’equinozio, qui, solo per i bambini ci sono regali. E’ giusto così, che le sentinelle della luce parlino solo ai piccoli.

Cadono le prime gocce. Si torna a casa.
[Questo post, tratto da un appunto scritto il il 5 ottobre 2003, è stato pubblicato su windrosehotel.splinder.com il 29 novembre 2004. I commenti al post originale sono interessanti]

Scheveningen

Il Mare del Nord, visto dalle dune che da Scheveningen—la spiaggia di Den Haag (L’Aia) —seguono la costa fino all’Hoek van Holland, cioè per alcuni chilometri, ha un fascino tutto particolare. La natura è stata preservata allo stato pressoché selvaggio. Gli "stabilimenti" sono di leggerissimo impatto: di legno, rimovibili, essenziali, in grado di fornire il minimo d’ombra, l’hot dog e la birra fredda, una sedia.


Ci si arriva praticamente solo in bicicletta. Agli appositi parcheggi ce ne sono centinaia, la maggior parte delle quali sono nere e rigorosamente "Holland", freno a retropedale (si dice così?), come quelle con le quali siamo arrivati noi dopo una lunga pedalata sotto il sole splendente, ma senza quasi sudare grazie al vento fresco, che consente ciò che dalla nostre parti susciterebbe la pietà di chi osserva. Pedalare, in Olanda, è sempre piacevole, anche quando piove, vale a dire quando quella specie di nebbiolina (che quasi mai diventa acquazzone) ti rinfresca e ti rifocilla.


Dopo il sali-scendi sulle dune verdeggianti arrivi in spiaggia, parcheggi, vai in riva al mare … per fare il bagno? Neanche per sogno! Quelle acque sono pericolosissime (tra le più pericolose d’Europa, come quasi tutte le coste dei Paesi Bassi), a causa di formidabili correnti invisibili. Solo pochissimi si avventurano in acqua oltre il ginocchio, si tuffano rapidamente, una sguazzata e via. La forza della corrente la senti già quando l’acqua ti arriva al polpaccio. Un ricordo simile me lo ha lasciato la spiaggia di Carmel (California). Il risucchio era tale che potevi immaginare di essere trascinato per centinaia di metri qualora ti fossi avventurato, appunto, oltre il ginocchio.


Eppure era bellissimo lo stesso. Abbiamo aspettato il tramonto, un lungo variopinto caleidoscopio di colori rosseggianti-rosacei, bluastri-celestoni e lunghe strisce biancastre. Oltre il mare, invisibile, l’Inghilterra. Una coppia un po’ ubriaca si è tuffata a festeggiare il crepuscolo, riuscendo persino a fare qualche bracciata in quell’acqua fredda (ma non gelida, a dire il vero). Così tre amiche di diciotto, vent’anni, cantando e giocando in acqua con un paio di Labrador che sprizzavano felicità da tutti i pori. Quella spiaggia deve essere il Walhalla dei Labrador, a giudicare dal numero di questi splendidi cani acquatici che arrivano con la mimica e la frenesia dei bambini alle porte di Disneyland Paris.


Uno settacolo nordico, di audacia umana e animale e di forza della natura. Qui il mare è signore e padrone, orgoglioso e poco incline ad accogliere il bagnante se non per una rapida e rispettosa abluzione. Come ho fatto io. Ho riconosciuto al padrone di casa il suo diritto. Agli ubriachi e a tre impavide ragazzine, con seguito di Labrador, il mare ha concesso un po’ d’audacia. Fino a quando il sole non è stato inghiottito dalle acque. La gioia silenziosa degli spettatori, che si guardavano gli uni gli altri per scambiarsi larghi sorrisi e persino risate di meraviglia per ciò che si era appena compiuto.


[Questo post è stato pubblicato su windrosehotel.splinder.com il 4 ottobre 2004. I commenti al post originale sono interessanti]

E il mare risponde



Premessa: mi capita talvolta di parlare con il mare. Insomma, gli faccio delle domande e mi do delle risposte, ma sospettando sempre che quelle non siano le "mie" risposte, ma le "sue".

Una domanda recente è stata: perché il mare, almeno per me, è un'esperienza così totale? Più di qualsiasi altro scenario, naturale o artificiale.
La risposta è partita da lontano.

Il mare circonda tutta la terra, come l'aria, che però resta inafferrabile, "astratta", mentre il mare lo puoi percepire in maniera profonda con tutti e cinque i sensi.

Il mare è sempre lo stesso, cioè ogni mare è comunicante con tutti gli altri: il Mediterraneo comunica con l'Atlantico, l'Atlantico col Pacifico, e così via. Le acque si confondono, si mescolano, sempre diverse, sempre le stesse, ovunque, dai tropici ai poli.

Dunque, il mare "vede" tutto, ascolta tutte le lingue della terra, unisce gli uomini bagnandoli con la stessa acqua.

Uno può fare una passeggiata nei boschi o in montagna, esperienze bellissime, ma il grado di "permeabilità" reciproca uomo-bosco, uomo-montagna, è inferiore, la comunicazione è più mentale che fisica, per quanto intensa possa essere.

Tuffarsi in mare, quando questo è possibile, significa entrare in comunicazione con tutto ciò che sta sotto il sole. Lasciarsi massaggiare dalle onde, nuotare, "fare il morto", è un'esperienza totale, full immersion si dice (non a caso, forse).

Anche tuffarsi in un lago è una bella esperienza. Amo talmente l'acqua che l'estate scorsa ho fatto il bagno persino nei freddi laghi della Svezia. Ma l'acqua dolce è qualcosa di profondamente diverso. Non ha la vitalità, la forza dell'acqua di mare. E in più è meno "amichevole": non ti sostiene, tendi ad andare sotto, laddove il mare è "grazioso", ti accoglie da amico non costringendoti a muoverti in continuazione per stare a galla. E se nuotando ti capita di assaporare l'acqua di lago, il gusto dolciastro e "stantio" ti fa un effetto poco piacevole.

Non parlo neanche della piscina, che al massimo può essere un surrogato in caso di disidratazione da calura ad una distanza impossibile dalla spiaggia più vicina.

Io non capirò mai chi va al mare e si fa il bagno in piscina. E' come scegliere di pasteggiare bevendo birra—o coca-cola, ohibò—avendo la possibilità di bere un prosecco o un Brunello.

E non capirò mai chi va al mare essenzialmente per prendere il sole. Io ci vado, di preferenza, la mattina presto e un paio d'ore prima del tramonto. Cioè quando il sole è meno aggressivo, e soprattutto quando le folle dei bagnanti devono ancora arrivare o sono già andate via. E sono lì quelli che il mare lo hanno nel cuore. O quasi soltanto loro.

[Questo post è stato pubblicato su windrosehotel.splinder.com il 21 ttobre 2004. I commenti al post originale sono interessanti]