February 29, 2008

Somewhere over the rainbow ...

Somewhere over the rainbow
Way up high
There's a land that I heard of
Once in a lullaby

Somewhere over the rainbow
Skies are blue
And the dreams that you dare to dream
Really do come true


So goes the old Judy Garland song, whose lyrics depict a sweet tender girl's desire to escape from harsh reality of the world, to the bright, new world called Oz—well, it isn’t actually my aim to tell a fairy tale …, rather I am to tell a political story. Set in Italy, AD 2008. What has that story got to do with Judy Garland’s song? Er … nothing, nothing but the rainbow, a new bright (possible) world “where the dreams that you dare to dream really do come true,” and things like these, unimportant details. So what? Well, It’s just that I do love fairy tales …

From today’s Il Foglio:


The Rainbow Left is making an united front against all the Italian Military Missions abroad – in Lebanon, Afghanistan and the Balkans. Yet while the Prodi Government and its Union coalition were in charge the included Hard Left had voted for all of them in Parliament. Now their slogan is “Italy out of NATO”. This is a proposal that the old PCI – The Italian Communist Party – abandoned in 1976 when their Leader Enrico Berlinguer declared that he felt safer “under the NATO umbrella”. Moreover Fausto Bertinotti, the now Leader of the Hard Left La Cosa Rossa, who proposed leaving NATO in the 1994 Election, from then until now has been very careful not to repeat it. The front line politicians of the Pd – the centre left Democratic Party – underline all these Cosa Rossa policy position takings as a proof of the good reason – and of the inevitability – of their decision to run for election separately. Yet the argument could be turned upside down. It could be said however that it might be verily their decision to renounce unilaterally the preceding agreed policies of the left wing Prodi coalition government – and with this “the old two party system” – which has subverted that mechanism of “the constitutional inclusion of the extremes” which had been universally considered the Rainbow Hard Left’s most important achievement in government.
[Translation by Richard Newbury]

February 27, 2008

Ma sei tu il capitano di te stesso



Impagabile. L’appello ai suoi lettori di Giuliano Ferrara. Chiedere lumi, in un’epoca superficiale e presuntuosa—come le folle che questo tempo lo abitano e ci si trovano perfettamente a proprio agio—è di pochi, pochissimi. Sarà sicuramente preso di mira anche per questo. Ma giustamente, e fortunatamente, se ne farà un baffo.

Epperò, mica è facile raccogliere l’appello, dire qualcosa nel merito, addirittura dare consigli. A me sembra, comunque, che la pista giusta sia quella che da solo si è tracciato: “Ho già detto che se anche andasse male non importa, perché è già andata bene.” Infatti. E sarebbe già andata bene anche se non ci dovesse più essere alcuna lista di cui discettare. Missione compiuta, capitano, mio capitano. Poi fa' un po’ come ti pare: i gradi serviranno pure a qualcosa.

Chiesa press

An up-to-date directory (latest update, February 27, 2008) of Christian newspapers, radio, and TV from all over the world, included a link to new online Cuban journal ConVivencia. By Sandro Magister.

Don't Forget Burma


I am experiencing firsthand the benefits of being on Facebook. In fact, since I got my Facebook account a few days ago, I have been able to participate in groups such as “Support the Monks' protest in Burma,” and to receive—this very morning—“real-time” information about initiatives such as DON'T FORGET BURMA, that is

a new groundbreaking campaign launched to show the world that normal people have not forgotten Burma and to show the brave pro-democracy protestors who took to the streets a few weeks ago that the world has not forgotten them.


Since the media spotlight above Burma is dimming day after day, I think this is a very interesting way to draw people’s attention to the fact that now more than ever Burma needs their support!

Please go to http://www.dontforgetburma.org/ to see what DON'T FORGET BURMA is all about and do your part, as did the author of the above picture.

February 25, 2008

Bologna's new renaissance


Have you ever been in Bologna, the the capital city of Emilia-Romagna, in northern Italy? Home of the oldest university in the world, “Alma Mater Studiorum” founded back in 1088, the city is living a new renaissance. This could be the best time to pay a visit ...


For centuries, the northwest corner of old Bologna was an industrial zone, home to slaughterhouses, salt works and tobacco factories. But now the once neglected neighborhood, a 15-minute walk from the city center, is churning out a new commodity: art.
With a new museum, film center and concert hall, the wedge-shaped area — bounded roughly by Via Don Minzoni and Via Riva di Reno — has been refashioned into a new arts and cultural district known as Manifattura delle Arti, or Factory of the Arts ...
[The New York Times]

Identità cristiana o demo-cristiana?

Quando qualcuno tira in ballo l’identità cristiana dell’Italia, e lo fa con un certo clamore, nonché, si suppone, con tutte le migliori intenzioni di porre seriamente la questione, non si può far finta di niente. Anche se non sei esattamente entusiasta di affrontare il problema, e questo, diciamo, perché si tratta di un argomento piuttosto esposto a speculazioni, ti devi disporre all’inevitabile confronto di idee. Pierferdinando Casini, da qualche giorno a questa parte, afferma ad ogni piè sospinto di aver rotto con la Casa delle libertà proprio per difendere quell’identità, Ernesto Galli della Loggia ci scrive su un editoriale, e il gioco è fatto.

Ora, punto primo, sono talmente d’accordo con le osservazioni dell’editorialista del Corriere che potrei limitarmi ad un link sbrigativo, se non fosse che non credo assolutamente nella motivazione addotta dal leader dell’Ucd. Penso, infatti, che Casini abbia rotto con Berlusconi per ragioni, diciamo così, di “appartenenza partitica”—che poi, come ho già scritto in qualche occasione, considero assolutamente legittime, perché salvaguardare l’identità della propria formazione politica è il compito di qualsiasi leader che si rispetti. Casini ha difeso un’identità, ma non, appunto, quella cristiana dell’Italia, bensì quella del suo partito. Legittimo e doveroso, a patto, naturalmente, che si ritenga prioritaria questa esigenza rispetto ad altre, quali, ad esempio, l’opportunità di unire le forze in vista di una maggiore efficacia, poniamo, nella lotta contro chi è in grado di minacciare l’identità cristiana della nazione.

Sul perché Casini abbia scelto in un modo anziché in un altro si può tirare a indovinare. Personalmente penso che il fattore personale—l’aspirazione a non farsi fagocitare all’interno del Popolo della libertà, un partito dominato da Berlusconi e Fini, con quest’ultimo in pole position (chiedo scusa per l’espressione un po’ banale) per la futura ed eventuale successione al capo—abbia giocato un ruolo determinante. Ben inteso, anche questo è legittimo, visto che l’ambizione, in politica, non è una colpa.

Che poi, dall’interno della Chiesa, si sia levata qualche voce a corroborare la lettura casiniana della rottura è una cosa spiegabile con un’altrettanto legittima preoccupazione: quella appunto della Chiesa di avere un partito che risponda innanzittutto ad essa, in forza del nome che porta e del simbolo che campeggia sui manifesti elettorali. Ma anche questo non c’entra nulla con l’identità cristiana del Paese. E a questo punto il rinvio a Galli della Loggia è automatico: si veda come il professore ha demolito la pretesa indispensabilità di un partito esplicitamente cristiano in ordine al conseguimento degli obiettivi identitari di cui sopra.

Di mio sottolineerei che quasi mezzo secolo di Democrazia cristiana ha prodotto una tale noncuranza per l’istituto della famiglia da far arrossire chiunque metta a confronto le concrete politiche per la famiglia che vigono in paesi come la Francia e la Germania con quelle (non) in vigore da noi. Per non parlare di moralità pubblica e privata, come giustamente ricorda Galli della Loggia.

Infine, a voler essere davvero pignoli, non trascurerei neanche la dubbia (quanto meno) coerenza personale con i valori e i canoni di comportamento del cristianesimo. Insomma, la solita storiella di quello che ama talmente la famiglia da ritenere opportuno avercene due … Insomma, perfino il laicissimo Veltroni ha saputo fare di meglio. Un minimo di pudore non guasterebbe. E con questo ho esaurito la scorta di moralismo (per fortuna).

February 23, 2008

La verità (secondo Sartori)

Certo, alle elezioni i partiti un qualche programma lo devono presentare. Ma oramai è chiaro che non si possono permettere di presentare tutto il programma. Perché oramai è chiaro che chi lo fa onestamente, perde le elezioni.


Lo scrive Giovanni Sartori sul Corriere di oggi. Ogni tanto, anche durante una campagna elettorale, capita che qualcuno—che però non c’entra direttamente (con la campagna)—scriva la verità.

February 20, 2008

'Let no one touch the unborn child'

He is the man who first proposed, after a resolution calling for “a moratorium on the death penalty” was adopted by the General Assembly of the United Nations on December 18, 2007, another moratorium, that on abortion (see my previous post for details). Here is an interview with editor of Il Foglio Giuliano Ferrara by Inside The Vatican - Monthly Roman Catholic News Magazine.

February 19, 2008

Magris, Bobbio e Ferrara

Torno sull’argomento “aborto” e questioni politico-culturali annesse e connesse affrontato in un post di qualche giorno fa, per segnalare l’intervento di Claudio Magris sul Corriere di oggi. L'8 maggio del 1981, alla vigilia del referendum, quel “maestro laico di diritto e libertà” che è stato Norberto Bobbio rilasciò a Giulio Nascimbeni una celeberrima intervista per il Corriere della Sera. Pro-life, senza riserve. Magris giustamente celebra il maestro, dopodiché si domanda (e autorisponde):

Perché in un momento in cui si cerca non di toccare la legge 194 — cosa che dovrebbe tranquillizzare tutti, perché è essa che consente di abortire, dichiarando peraltro esplicitamente che l'interruzione della gravidanza non è un mezzo per il controllo delle nascite— bensì di creare una cultura consapevole della realtà dell'aborto, così pochi (tra i quali il Foglio) ricordano Norberto Bobbio e queste sue parole di assoluta chiarezza, molto più difficili da dire allora che non oggi? Forse perché dette in tono pacato, problematico, con l'animo di chi aborre le eccitazioni collettive e le scalmane di piazza, mentre oggi prevale chi le ama e se ne inebria, anche quando si rivolgono contro di lui, ed è felice solo nella ressa dello scontro, nel fumo della battaglia (peraltro poco pericolosa), che invece poco si addice alla ritrosia subalpina di gente come Bobbio o Einaudi?


La domanda è molto più interessante della risposta. Così la pensa anche Giuliano Ferrara, che sul Foglio prende bensì atto di quello che gli è sembrato “un giudizio aspro e indiretto su un Giuliano Ferrara che non esiste, uno scalmanato adoratore delle piazze e della rissa,” ma minimizza pensando alla pars construens del ragionamento, cui riserva una calorosa accoglienza. In effetti fa benissimo. Che poi Magris abbia davvero voluto attaccare il direttore del Foglio è un punto sul quale credo che si potrebbe discutere. Una cosa, a mio modestissimo avviso, è certa: se l’intenzione era quella è riuscito a camuffarla molto bene, tanto che uno può tranquillamente ignorare questo aspetto è concentrarsi sull'altro ...

February 18, 2008

Approdi

Sono approdato su Facebook, e questo è solo un post di prova per controllare una cosa. A risentirci presto (oggi stesso, più tardi).

February 17, 2008

Veltroni's challenge to political inactivity

Alex, at Blog from Italy, was kind enough to sum up what I have been writing (in Italian) in the last months about the new head of Italy's centre-left Democratic Party Walter Veltroni.

To tell the truth, even though in the last months I maintained a positive attitude towards Veltroni, I am bound to say that … I won’t vote for him. And this for many good reasons, including his support for Prodi’s government, that is, in my opinion, one of the worst governments this country had ever suffered. Nevertheless I think former Mayor of Rome is the best of his bunch. He is trying to provide Italy with a modern and responsible left and a more effective and stable political system.

Above all I welcome his announcement that the PD would run on its own, without the squabbling Catholic-to-communist coalition allies that brought Prodi down. It was a big break from the choice of bickering coalitions Italians are usually faced with, and also, I dare say a move which symbolizes an even bigger break.

As a result, in turn, Silvio Berlusconi has called on centre-right parties to run under the slogan “People of Freedom”—not only a single banner for the election, but also the embryo of a new single centre-right party that will include the right-wing National Alliance and form a federation with the Northern League, in a bid to avoid the shaky coalition that weakened his own previous government.

As Veltroni himself said at Rai Uno's tv talk show Porta a Porta,

'There is a small earthquake in the world of Italian politics. This will be the outcome: we have ended a government experience with the radical left and are presenting ourselves as a large centre-left force. The centre-right has ended an experience with centrist forces and now that axis is moving to the right. This is the novelty. An element of clarity that will allow citizens to make their choice.'


Well, I’d rather say one more element of clarity.

To conclude, award to merit. I wish Veltroni continue taking forward the modernisation of both the left and Italian political system. But, I’d say possibly by staying in opposition ...

February 13, 2008

Non possumus

Fa bene o fa male Giuliano Ferrara a voler presentare una lista pro-life e quindi a candidarsi al Senato? Ha fatto bene o ha fatto male Silvio Berlusconi a consigliare al suo consigliere (ieri, a Porta a porta) di lasciar perdere? Sono due domande solo apparentemente ordinarie, giacché sotto le mentite spoglie della cronaca politica quotidiana, sottendono problematiche maledettamente serie, come spero di riuscire a dimostrare prima della conclusione del post. Sono domande, cioè, alle quali si può tentare di rispondere seriamente solo dopo una riflessione sufficientemente approfondita e di ampio respiro. Quindi, per esempio, niente dietrologie: ce ne sono già che metà bastano in circolazione.

Una buona base di partenza per una discussione appropriata potrebbe essere il ragionamento svolto da Pierluigi Battista sul Corriere di oggi. Ferrara e Pannella, sostiene Battista, andrebbero aiutati dai due partiti maggiori a raccogliere le firme necessarie a per poter presentare le rispettive liste. Il Pdl, cioè, dovrebbe dare una mano al direttore del Foglio, mentre il Pd dovrebbe fare la stessa cosa con Pannella. Perché? Perché quei due, che “si battono sui valori e sui principi” e sono i campioni di due opposte sensibilità sulle questioni che chiamano in causa le scienze biomediche e l’etica pubblica, terrebbero acceso “il libero conflitto delle idee” e “renderebbero la prossima contesa più ricca, più colta, meno asfittica.” Di questo, appunto, ci sarebbe bisogno, nel momento in cui i grandi partiti “finalmente si aggregano sui programmi secondo un ferreo schema bipolare.”

E si badi bene, argomenta giustamente il vicedirettore del Corriere, che

le liste di Pannella e Ferrara sono una cosa ben diversa dai micropartitini che proliferano dietro un capo, un territorio da controllare, una clientela da soddisfare, una marginale rendita di posizione che diventa fatalmente cruciale nell'instabilità frammentata in cui è appena affondata una legislatura.


Il ragionamento è indubbiamente interessante. Opportuna la distinzione tra partitini e formazioni “piccole per dimensioni e struttura,” ma che “conservano il talento di promuovere grandi idee e battaglie civili.” E giusta la preoccupazione di tenere alto il livello della campagna elettorale sulle questioni che investono la vita, la morte, le bioscienze, la bioetica. Battista, però, basa il proprio discorso su un presupposto che potrebbe benissimo essere respinto: che le due liste siano effettivamente in grado di elevare il dibattito, nel senso che non ci sia il rischio, piuttosto, di indirizzarlo su un binario sbagliato: quello, ovviamente, della strumentalizzazione a fini elettorali di questioni che vanno ben oltre la dimensione politico-partitica. E’ vero che si rischierebbe di incorrere nello stesso gravissimo errore anche senza le liste di Pannella e Ferrara. Ma è altrettanto vero che le liste non riducono il rischio, semmai lo accrescono, dal momento che i promotori sono tutt’altro che super partes dal punto di vista della propria collocazione politica.

E allora? Come si può venir fuori da questo impasse? Semplicemente, credo, non se ne viene fuori. E questo per una ragione altrettanto semplice: perché i partiti e la stessa cultura politica italiana non sono affatto attrezzati per affrontare simili questioni con la dovuta serietà e sobrietà. Non mi metto a spiegare io come e perché, poiché l’ha già fatto egregiamente Ernesto Galli della Loggia in un editoriale pubblicato sul Corriere della Sera di ieri. Per dare un’idea, ecco cosa pensa Galli della Loggia dell’atteggiamento che sulle questioni di cui sopra ha la classe politica italiana, e questo, appunto, in forza della sua stessa cultura politica (o, come sarebbe meglio dire, “incultura”):

Riportare sempre tutto, anche fenomeni palesemente e radicalmente nuovi (che dimostrano di essere tali, tra l'altro, proprio tendendo a ridisegnare secondo linee inedite gli schieramenti del passato), riportare sempre tutto, dicevo, come ama fare la maggior parte della cultura italiana, nell'ambito tradizionale delle dicotomie Stato-Chiesa, laico-clericale, conservatore-progressista, mostra solo quanto quella cultura sembri interessata più che alla realtà, più che a comprendere la novità dei tempi, a mantenere ad ogni costo saldo e credibile l'antico universo dei suoi valori e dei suoi riferimenti.
[…]
Com'è possibile, mi chiedo, non accorgersi che l'intera impalcatura ideologica otto-novecentesca — di cui le dicotomie italiane di cui sopra sono parte — sta oggi diventando un reperto archeologico? Non accorgersi che sotto l'incalzare di due grandi rivoluzioni — e cioè dell'effettivo allargamento per la prima volta dell'economia industriale- capitalistica a tutto il mondo, e dell'estensione della tecnoscienza alla sfera più intima del bios — tutta la nostra vita sociale, a cominciare dalla politica, con le sue confortevoli certezze culturali e i suoi valori, deve essere ripensata e ridefinita?


Pigrizia intellettuale, conformismo, incultura. Come si può sperare che la questione dell’aborto venga trattata senza scadere nei toni della propaganda politica e dell’intolleranza?

Galli della Loggia, tuttavia, non fa di tutta l’erba un fascio. Qualcuno, in Italia, ha capito qual è la posta in gioco, e ha attivato tutte le proprie energie intellettuali e morali in questa sfida epocale: la Chiesa. Ed ecco spiegata la suggestiva immagine dell' «ondata neoguelfa», adoperata da Aldo Schiavone in un articolo di qualche giorno fa su la Repubblica. Secondo quest’ultimo,

nell'Italia di oggi, a causa del degrado della vita politica e dell'etica pubblica, starebbe andando ancora una volta in scena «un'antica tentazione» della nostra storia politica e intellettuale, vale a dire «la rinuncia allo Stato», percepito come qualcosa di fragile che «non ce la può fare», e la sua sostituzione con una sorta di «protettorato super partes» attribuito al Papa: fino al punto di fare del magistero della Chiesa «il custode più alto della stessa unità morale della nazione».


Galli della Loggia, evidentemente, non la pensa così, perché la denuncia di Schiavone guarda al presente con gli occhi del passato, ma non se la prende più di tanto. In fondo Schivane, pur dando una spiegazione inesatta del fenomeno, e attribuendogli una connotazione negativa, che se ne renda conto o meno ha registrato un dato di fatto: la Chiesa è diventata l’unica “agenzia” che, almeno in Italia, si sforza di rappresentare il bisogno di dare risposte adeguate alle sfide del nostro tempo. Questo spiega Giuliano Ferrara, Marcello Pera e gli altri “atei devoti.” E questo spiega altresì come tanti cattolici che avevano fatto della propria “laicità” culturale e politica una questione di principio, oggi si sentano traditi da quella cultura laica che avevano imparato non solo a rispettare profondamente, ma ad amare e a sentire “propria.”

Morale: lista o non lista, che Ferrara vada solo o sia dentro o collaterale a qualcosa, importa relativamente poco. Quel che conta è che ha capito ciò che altri non sospettano neppure. Quasi altrettanto si può dire per quanto concerne le appartenenze politiche dei credenti: se uno deve assolutamente scegliere tra le “pretese” di Dio e quelle, così spesso contrapposte, della propria (ex)parte politica (che non è lo stesso che dire "lo Stato"), finisce per prendere l’unica decisione sensata … E poi lasciamo pure che lo chiamino neoguelfismo o come pare a loro. La cosa interessa ancor meno del dilemma liste o non liste.

February 12, 2008

Scalfari suoi

Di Emanuele Macaluso si possono contestare le opinioni e le scelte politico-partitiche di tempi lontani oppure (molto) recenti, o anche, che so, le convinzioni in materia di rapporti tra Stato e Chiesa, e chi più ne ha più ne metta. Dirò di più: perfino sulla bacchettata che ha assestato oggi ad Eugenio Scalari—a proposito di Pierferdinando Casini e delle sue consultazioni con il cardinale Ruini—si può discutere. Però …, però vogliamo dubitare che il commentino salace non abbia, per così dire, una sua “oggettiva” pertinenza, una certa forza dialettica e, di conseguenza un fascino sottile, e direi quasi irresistibile?

February 10, 2008

Ma ormai e' un coro ...

Oggi è un piacere leggere i commenti sulla grande stampa nazionale. Prima l’editoriale di Sergio Romano, poi quello dell'ottimo Luca Ricolfi su La Stampa. Naturalmente sulla stessa lunghezza d’onda di cui al post precedente. Prendete questo passaggio, e poi ditemi se non ho ragione:

[C]’è un punto sul quale, comunque vadano le cose, non possiamo non essere grati a Veltroni, quali che siano le nostre idee. La mossa di Veltroni (ma sarebbe più giusto dire: la mossa di Veltroni e Rutelli, che per primo ebbe il coraggio di parlare di «alleanze di nuovo conio»), ha mostrato qualcosa che fino a poche settimane fa nessuno voleva vedere, e cioè che la legge elettorale era un falso problema, per non dire un alibi della classe politica. Sì, avevamo e abbiamo una cattiva legge elettorale, ma il cuore del problema italiano non è la legge elettorale bensì l’immobilismo della sua classe politica. È bastato che un singolo uomo politico, investito della responsabilità di guidare il maggiore partito della sinistra, trovasse il coraggio di fare un gesto chiaro e forte, che tutto si è rimesso improvvisamente in movimento.

Viva l'Italia - 2

Uno dei tanti vantaggi di avere un blog? Poter raccontare (qualche volta) o commentare (più spesso) gli eventi prima dei vari columnists della carta stampata. Se poi un post dice un giorno prima le stesse cose—all’incirca—di un editoriale, nessuno ti può accusare di aver copiato. Anzi, semmai l’inverso, a voler essere pignoli … ;-)

Qualcosa di nuovo e interessante, però, avendo più tempo per riflettere, magari il famoso columnist riesce anche a scriverlo:

Attenzione, tuttavia. La semplificazione del quadro politico è importante e renderebbe l’Italia più simile alle maggiori democrazie europee, dove i due primi partiti, come ha ricordato Marcello Pera sulla Stampa qualche settimana fa, rappresentano insieme una percentuale che oscilla fra il 60 e il 70% dell’elettorato. Ma è soltanto metà dell’opera. Non basta eliminare l’ameba. Occorre anche riscrivere le regole invecchiate di una Costituzione che rende il Paese ingovernabile.
Se le due Camere hanno le stesse funzioni e il presidente del Consiglio non ha neppure il diritto di sbarazzarsi di un ministro indisciplinato e inefficiente, le elezioni non avranno mai un vincitore e l’Italia non avrà mai un governo. Abbiamo già constatato che le riforme fatte da una sola parte sono mediocri o non riescono a superare il passaggio del referendum confermativo. Veltroni e Berlusconi hanno ambedue interesse a far giocare il Paese con regole nuove e dovrebbero scriverle insieme.

February 8, 2008

Viva l'Italia

Che l’Italia sia un Paese fatto molto a modo suo, per dirla nella maniera più asettica possibile, non è una scoperta: è un dato. O un fato, chi lo sa. Certo è che quello che è successo negli ultimi giorni e nelle ultime ore lo conferma—se nel bene o nel male, come sempre, è questione di opinioni—come neppure un giocatore d’azzardo avrebbe potuto prevedere.

Veltroni, innanzitutto, è stato sublime. Uno può giurare che mai e poi mai lo voterà, ma negare che la scelta di far correre da solo il Pd sia stato un atto di coraggio, onestà intellettuale, lungimiranza e chi più ne ha più ne metta, sarebbe insensato, prima ancora che ingeneroso. Per il resto, personalmente ho già scritto così bene di lui che mi posso esimere dal ribadire e argomentare il concetto. Comunque, quelli della sua parte—non io, quindi, ma questa è un’altra faccenda—dovrebbero baciare la terra su cui Walter cammina, e con questo ho detto, se non tutto, la sostanza di ciò che penso.

Sul fronte opposto, Berlusconi non è stato da meno. Anche qui, sempre nelle scorse settimane, ho già dato, per cui non mi resta che estendere il giudizio positivo alla decisione di queste ore, sia pure con una postilla (ci arrivo dopo).

Di Fini, sinceramente, penso che si sia salvato in extremis: accettare la lista unica, al momento, era l’unica cosa che si doveva fare, e lui l’ha fatta, a dimostrazione che le chiacchiere, in politica, servono, se mai, fino al momento in cui si arriva al redde rationem. Capire quando è ora di piantarla, però, non è sempre facilissimo. Il momento è arrivato, e lui è stato puntuale.

E ora veniamo al caso più complicato (e alla postilla di cui sopra), quello di Pierferdinando Casini. Non ho mai condiviso l’atteggiamento sprezzante che tanti, nel centrodestra, hanno tenuto nei suoi confronti. Lui ha sempre giocato le sue carte in maniera chiara e con una certa lealtà di fondo. Difendere il proprio ruolo, definire il proprio spazio, in politica non è una colpa, tutt’altro, è il dovere che un leader politico che si rispetti ha nei confronti del proprio elettorato. Ed è appunto di questo che Casini si è fatto carico. Quindi, a mio parere, se Berlusconi e Fini lo vogliono “punire” (politicamente), come pensa Giuliano Ferrara, mettendolo in un angolo, commettono un grave errore. E non solo perché escluderlo, con questo sistema elettorale, può costare una sconfitta elettorale, ma anche perché Casini, politicamente e moralmente, non merita affatto questa sorte.

E’ veramente difficile pensare, d’altra parte, che Berlusconi non sia consapevole delle buone ragioni di Casini. Fini, per parte sua, potrebbe anche avere qualche motivazione, diciamo così, “personale” (legittima, sia ben chiaro, perché l’ambizione non è una colpa) per tenere alla larga l’ex presidente della Camera, che avrebbe effettivamente tutti i numeri per contendergli alla grande—il giorno in cui il Cavaliere si sarà stancato della politica …—la leadership del centrodestra. Ma, anche in questo caso, è difficile credere che non ci sia la consapevolezza che il gioco, dati i rischi che comporta, non vale la candela.

Per cui penso che alla fine Casini entrerà nell’alleanza, magari senza aderire ala lista unica, come del resto (giustamente) la Lega. In fondo già mettere insieme Forza Italia e An è un bel colpo. Poi, dopo le elezioni, con un nuovo sistema elettorale (alla tedesca, alla francese o giù di li) il leader dell’Udc potrà giocarsela a modo suo.

Se questo è ciò che si sta preparando, a destra, a sinistra e al centro, credo che vi siano motivi per essere moderatamente ottimisti. Viva l’Italia (ma teniamo le dita incrociate, perché da noi non si sa mai).

February 7, 2008

Il Corriere per noi


Gli smemorati sono serviti. No, malgrado l'immagine che lo correda, questo non è un post recriminatorio, anche se, senza dubbio, repetita juvant. Il fatto è che oggi c'è una bella notizia per gli internauti, soprattutto quelli che sono appassionati di storia recente: il Corriere della Sera mette a disposizione dei lettori, gratis, il proprio archivio storico online. Qualcosa come 1.300.000 articoli, cioè quelli pubblicati dal 2 gennaio 1992 ad oggi. Secondo Gian Antonio Stella, che è interessato soprattutto al lato pratico delle cose, ci si potrà divertire un mondo a scovare le contraddizioni di “un Paese trasformista come il nostro.” Perché è sacrosanto che verba volant, scripta manent, e invero etiam scripta digitalia...

February 6, 2008

Moratorium on abortion (Ferrara's happy paradox)

A “moratorium on abortion” was originally proposed by Giuliano Ferrara, the editor of Italian national newspaper Il Foglio, after a resolution calling for “a moratorium on the death penalty” was adopted by the General Assembly of the United Nations on December 18, 2007. If the world has finally acknowledged the importance of the life issue in that particular context—thought the editor of Il Foglio—why not to think that the world itself is now ready for another acknowledgement, and possibly on an even more pressing life-related ethical issue?

Giuliano Ferrara’s call was eventually echoed by Italian Cardinal Camillo Ruini—it would be a “very logical step,” he said, to impose a moratorium on abortion in response to the recent vote in the United Nations calling for a moratorium on the death penalty—, the Italian Bishops' Conference, and L'Osservatore Romano (the Vatican's “semiofficial” newspaper). At last, some ten days ago, Columbian Cardinal Alfonso López Trujillo, the president of the Pontifical Council for the Family, announced in an interview with the Italian daily La Repubblica that the Vatican will begin a global campaign to institute a United Nations moratorium on abortion. “We will begin in Latin America—said Cardinal Trujillo—and we'll meet with governments of every ideology, including marxists and socialists, because abortion is not an Italian or European problem, but a global one, and the Holy See wants to eliminate it.”

Ferrara’s idea was definitely a brilliant and perhaps an unexpectedly successful one—a non-Christian journalist become the forerunner of an old, typically Catholic battle!

To make it easier to realize how the above paradox has become reality, I strongly recommend the reading of the letter, reproduced below, to the United Nation Secretary General from which it all begun. The document, that has been already supported by international personalities, can be subscribed to by sending an email to moratoria@ilfoglio.it. I have already done so, and I hope you will too.

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Dear Dr Ban Ki-Moon
Secretary General of the United Nations

Dear Honourable Prime Ministers and Heads of State of the United Nations

Over the last 60 years, notable measures have been adopted and efforts made to strengthen the legal framework designed to ensure the ideals expressed in the Universal Declaration of Human Rights that was approved in Paris on 10 December 1948. Over the last thirty years, more than a billion abortions have been performed, at an average of roughly 50 million a year. According to the latest report by the United Nations Population Fund, in China, tens of millions of unborn children are in danger of being aborted - through incentives or coercion - in the name of family planning and national demographics. In India, millions of babies have been eliminated prior to birth over the last 20 years for sexist reasons. In Asia, the demographic balance is threatened by mass infanticide, which is taking on extraordinary proportions. In North Korea, the use of selective abortion is leading to a radical way of eliminating all forms of disability.

In the western world, abortion has also become the tool of a new form of eugenics that is violating the rights of unborn children and equality among mankind. Originally, prenatal diagnosis was designed to help people prepare and care for their unborn children, but it is becoming a way a improving the human race and, in doing so, destroying the universalistic ideals that underlie the Universal Declaration of 1948.

We are calling on you to look at our request for a moratorium on public policies that encourage any form of unjustified or selective enslavement of a human being in the womb through the arbitrary use of the power to annihilate, which violates the right to birth and to motherhood. Article 3 of the Universal Declaration states that "Everyone has the right to life, liberty and security of person". We are calling on the representatives of national governments to back a key amendment to this part of the declaration, by adding in, after the first comma, the words "from conception to natural death". Indeed, the Universal Declaration refers to "equal and inalienable" human rights and solemnly proclaims the "inherent dignity...of all members of the human family" (Preamble). Science has shown us - and some of the major discoveries in the field of genetics come after the declaration - the irrefutable presence from the first stage of development of the human genetic pattern in the embryo, a pattern that is unique and unrepeatable. In 1984, the Warnock Commission in the UK determined that 14 days after conception an embryo is not only a human being, but also entitled to the right not to be used for experimental purposes.

Governments must preserve and protect these natural rights, which include "the right to inherit a genetic pattern which has not been artificially changed".

The 1948 Declaration was the response by the free world and international law to the crimes against humanity that had been prosecuted at Nuremberg three years earlier. In 1948, in response to the eugenic practices of the Nazis, the World Medical Association adopted the Declaration of Geneva, which stated: "I will maintain the utmost respect for human life from its beginning". Article 6 of the United Nations' International Covenant on Civil and Political Rights (1966) sets out that "Every human being has the inherent right to life". Today, selective abortion and selective in vitro engineering are the main ways in which eugenic, racial and sexual discrimination are perpetrated against human beings.

These are the same human being who are protected by article 6 of the United Nations charter of rights. Sixty years on from the Universal Declaration of Human Rights it is necessary to renew the primary basis of our humanitarian inspiration through an amendment to article 3. As such, we call on all governments to truly ensure the respect of the rights of people, including above all the right to life.


Yours faithfully

René Girard, anthropologist member of Académie française,
Lord David Alton, member of the House of Lords
Roger Scruton, British philosopher at Birbeck College
John Haldane, Philosphy professor at St. Andrews University
George Weigel, biographer of Karol Wojtyla and Joseph Ratzinger
Robert Spaemann, Philosophy professor emeritus at Universität of Munich
Sister Nirmala Joshi, General mother superior of Missionaries of Charity
Josephine Quintavalle, director of Comment on Reproductive Ethics
Paola Bonzi, Center for life help at Mangiagalli Clinic of Milan
Pierre Mertens, president of the International Federation for Spina Bifida,
Jean-Marie Le Mené, president of Fondation Jérôme Lejeune
Alan Craig,
president of British Christian Peoples Alliance
Richard John Neuhaus, chief editor of First Things
Carlo Casini,
president of Movimento per la vita, Italy
Lucetta Scaraffia, professor of history at Università La Sapienza di Roma
Bobby Schindler, Terri Schiavo’s brother



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UPDATE February 20, 2008 — 19:05 pm

Here is an interview with editor of Il Foglio Giuliano Ferrara by Inside The Vatican - Monthly Roman Catholic News Magazine.

Figlio di tre genitori

Dunque, siamo arrivati anche a questo: un figlio procreato da tre genitori. Ora, penso proprio che, di fronte ad annunci come quello di alcuni ricercatori dell'università di Newcatsle, in Inghilterra, non vi sia altra scelta che disporsi ad una riflessione pacata e aliena da pre-giudizi e idiosincrasie (personali e “ideologiche”) di qualsiasi segno.

Da questo punto di vista credo che l’intervento di Angelo Vescovi—scienziato con un curriculum vitae di tutto riguardo, attualmente con-direttore dell' "Istituto di ricerca sulle cellule staminali", Dibit, H.S. Raffaele, Milano—sul Giornale di oggi sia esemplare.

La disamina della questione, ancorché molto schematica, mi sembra particolarmente convincente sia nelle premesse, sia nelle argomentazioni. E nelle conclusioni: l'ossessione di avere un figlio a tutti i costi è il “vero tema fondamentale su cui andrebbe aperto un dibattito.”

February 5, 2008

Auguri, Clementina

Clementina Forleo, evidentemente, ha stufato. Chi? Il Csm, naturalmente. Infatti si apprende oggi che la Prima Commissione dell’organo di autogoverno della Magistratura ha deciso all'unanimità di muovere un'altra accusa—sempre nell'ambito della procedura di trasferimento d'ufficio, risalente al 4 dicembre scorso, per “incompatibilità ambientale e funzionale”—nei confronti del gip milanese. La Forleo, come riferisce il Corriere e vari altri organi di informazione, avrebbe «personalizzato» le sue funzioni, interessandosi troppo, e ben al di là del suo ruolo istituzionale, al procedimento sulle scalate bancarie.

Che dire? Probabilmente la “trappola” in cui la Forleo è caduta è di tipo emotivo. Molto battagliera, ma anche molto giovane, ha reagito allo stress del suo isolamento istituzionale lasciandosi andare a pubbliche dichiarazioni circa presunte intimidazioni nei suoi confronti da parte di «soggetti istituzionali» e pressioni provenienti da non meglio specificati «poteri forti» affinché desse un taglio ai procedimenti di cui si occupava da gip. Ebbene, il Csm le rinfaccerebbe che tali accuse sarebbero rimaste «prive di riscontro». Dunque, la gip avrebbe creato creato «infondati allarmi» nella pubblica opinione.

Contropiede riuscito, si direbbe. Difficilissimo provare le pressioni, che sono ovviamente e immancabilmente sottili e ambigue—ché altrimenti il «potere» non sarebbe più il «potere» e chiunque potrebbe permettersi il lusso di sparlarne in libertà. Facile, invece, cogliere in fallo chi non ha dimestichezza con il linguaggio “polisemico,” se così si può dire, dei potenti. Qualcuno ricorda come Padre Cristoforo, nei Promessi Sposi, racconta al povero Renzo—che vuol sapere che diavolo ha risposto, il suo persecutore, al volenteroso frate—l’esito infausto del suo colloquio con don Rodrigo?

Le sue parole, io l'ho sentite, e non te le saprei ripetere. Le parole dell'iniquo che è forte, penetrano e sfuggono. Può adirarsi che tu mostri sospetto di lui, e, nello stesso tempo, farti sentire che quello di che tu sospetti è certo: può insultare e chiamarsi offeso, schernire e chieder ragione, atterrire e lagnarsi, essere sfacciato e irreprensibile. Non chieder più in là. Colui non ha proferito il nome di questa innocente, né il tuo; non ha figurato nemmen di conoscervi, non ha detto di pretender nulla; ma... ma pur troppo ho dovuto intendere ch'è irremovibile. [Cap. VII]


Povero Renzo, povera Clementina: che guaio non aver letto il capolavoro manzoniano! Circostanza invero inevitabile nel primo caso, ma non, ahimè, nel secondo. Una cosa è pressoché certa: chi ha letto (con attenzione) il romanzo può ricavare da questo e da altri brani un’interessante lezione circa il come bisogna parlare e come non bisogna parlare, quel che si può dire (e come, quando e a chi) e quel che si può solo lasciar intuire tra le pieghe del discorso!

E la sostanza? Vale a dire il sospetto più che legittimo, se non doveroso, sui fatti all’origine di tutto? Chi se ne importa. O meglio, importa e come, ma, c’è da supporre, non sempre ed esattamente nel senso della giustizia e del suo corso naturale. Auguri, comunque, a Clementina Forleo, che si è procurata nemici che la sanno lunga. «Nemici», sia ben chiaro, in senso “tecnico,” poiché tutti, fino a prova contraria, sono persone dabbene, cioè uomini d’onore. Ed essi dicono che Clementina fu ambiziosa (o avventata, o che esagerò, ecc.): quel che ci vuole è rispetto, rispetto, rispetto. Auguri.

February 4, 2008

Comunicazione di servizio

Grandi lavori su WRH. Ho approfittato di una domenica piovosa per aggiornare il template di Blogger (che è ancora del vecchio tipo). Ovviamente è un lavoraccio, e quindi non ho ancora finito, ma forse in giornata riesco a completare l'opera. Dunque, niente post per oggi (almeno). A risentirci.

February 1, 2008

Giuliani's fall (updated)


I confess: I’m still trying to understand what happened with Rudy Giuliani’s campaign. So I’m writing this post as an attempt to clarify, first and foremost, things to myself.

The New York Times, as well as many other newspapers and commentators, are most likely right: when, by late December, Rudy Giuliani decided to formally abandon plans to run hard in and perhaps win New Hampshire or Michigan, he made a huge mistake. “With this decision—write Michael Powell and Michael Cooper—he consigned himself to the media shadows during weeks of intensive coverage.” Furthermore, “no one had won an election by essentially skipping the first four or five caucuses and primaries.”

Yet, according to another observer,

the myth that he spun about not really competing in the early states where he had fared so badly was just that, a fairy tale. He visited New Hampshire 56 times last year. In December he lavished television advertising there and saw nothing back from it.
He gambled everything on Florida, in other words, because he had no choice. When his rivals did show up, straight after the South Carolina contest, the old Rudy had already vanished.

Not very different from what Giuliani himself thinks about his own controversial move: if it is true that “the strategy of ‘focus on Florida,’ didn’t work,” he said, it is also true that “it was in fact the only strategy available to us.”

Asked about his mood, Giuliani said,

“You feel a sadness that it's over because you want to win. And more than that you want to believe that what you can do is exceptional or its unique, that you can provide the kind of leadership that isn’t available. So there is a sadness about that.”

However, when Rudy Giuliani dropped out of the presidential race and endorsed Senator John McCain Wednesday night, there was no space for pessimistic moods in his drop out speech:

A New York Republican named Teddy Roosevelt once said “aggressive fighting for the right is the noblest sport the world affords.”

Like most Americans, I love competition. I don't back down from a principled fight. But there must always be a larger purpose. Elections are about more than just a candidate. Elections are about fighting for a cause larger than ourselves. They are about identifying the great challenges of our time and proposing new solutions. Most of all, they are about handing our nation to the next generation better than it was handed to us.Although we were unsuccessful in our endeavor, the fight to strengthen America goes on.

Our nation's next President must understand and make a commitment to keep us on offense in the Terrorists' War on Us. He must understand that stimulating our economy requires cutting taxes, because you make better decisions with your money than Washington bureaucrats. He must be committed to ending illegal immigration and securing our borders. And he must use free-market principles to make health care more affordable for all Americans.

I believe John McCain is that man. He is the right leader to move us forward, unite our party and transform Washington. I hope that you will join me in supporting him to be the next President of the United States.

As I look forward to the road ahead, I am optimistic because I believe America's best days are still to come. Our country has a bright future, but we must work together to ensure that our shared prosperity creates new and better opportunities for us all.


Not a bad way, in my opinion, to leave the stage.

Ok, that’s all, I’m afraid. And I obviously don't think my attempt to clarify to myself what happened was successful. But perhaps reading the future is easier than reading the past … so, about Giuliani’s personal future, here is a plausibile hypothesis (in yesterday’s Kansas City Star):

He won't be president, but what about Homeland Security chief Rudy Giuliani or even Gov. Giuliani?
Despite the collapse of his White House bid, experts say Giuliani has not lost his political luster and could end up in a Republican Cabinet or even run for elective office again one day.

“You're as good as your last election, but you're not out until you're dead,” said Henry Stern of New York Civic, a good-government group, who served as Giuliani's parks commissioner. “I think Rudy is very much alive, whether people like it or not.”
[…]
“He drops out, endorses McCain, McCain becomes the president, Rudy could be a Cabinet appointee; he could be homeland security chief, he could be attorney general,” said Douglas Muzzio, a political science professor at Baruch College. “His electoral life is over, but not necessarily his political life.”


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UPDATE February 2, 2008 — 12:05 am

When I wrote the above I hadn't yet read this Time Online article:

In part, it occurred because his initial apparent strength was thoroughly misleading. A year ago, John McCain was the early favourite for the Republican crown and many analysts wondered if Mr Giuliani would be prepared to set aside his extremely lucrative career on the speaking and advisory circuit to launch an improbable bid for the Oval Office. He did and benefited when Mr McCain, demonstrating customary courage and contempt for expediency, called for more troops to be sent to an unpopular war in Iraq and supported a reform of immigration law that had much merit but few friends in conservative circles. He paid the price then, but has reaped rewards later. Mr Giuliani, the only other well-known Republican at that stage, assumed his mantle. It was, though, an illusory status. It had yet to be tested where it counted, in the white heat of elections.
It is a further tribute to this compelling, extraordinary and quite wonderful caucus and primary season that when that moment came, ordinary Republicans took another glance at Mr Giuliani and decided that he was not the man to be their champion.