February 27, 2007

Gallinacei

Oggi, sul Foglio, Andrea's Version si riallaccia al mio post precedente per sottolineare il concetto ...

Niente psicodrammi, qui, niente linciaggio morale, niente cazzottoni sul treno, niente insulti da curva di stadio, nessun sobbollimento di emozioni forti e sporche. Di più. Oggi come oggi, nemmeno fischi. Ancora di più. Nemmeno critiche severe, battute caustiche, ironie o perfidie che in qualsiasi altro momento sarebbero ovvie e del tutto legittime, ma rischierebbero al presente, e nella nostra Italia, di essere equivocate da chi gioca sempre a equivocare, come psicodramma, appunto, linciaggio morale, insulto da curva, o come il ribollire delle emozioni di cui sopra. Senza neanche dover parlare di rispetto personale, di cattiveria politica e di disconoscimento plateale del diritto della persona a dire e a fare quel che fa. Questo non era in discussione ieri, non lo è oggi e non lo sarà domani. Chi passa dall’altra parte, passa dall’altra parte, punto e basta. A maggior ragione in Parlamento. Questo non toglie che ci deve pur essere un accidente di motivo se per dire gallinaceo, che sta poi per pollo, agli inglesi basta pronunciare “fol” e si capiscono al volo.

Cari amici della destra

Cari amici della destra, tra le cose che mi è capitato di leggere sulla stampa nazionale da qualche lustro a questa parte, l’editoriale di Giuliano Ferrara sul Foglio di ieri, lunedì 26 febbraio 2007, è quella che maggiormente ha colpito la mia immaginazione. Una tale sintonia nel modo di concepire la dialettica politica è una di quelle esperienze che lasciano il segno.

Se quello straordinario manifesto, pur nella sua semplicità, di ciò che la politica, sempre e per chiunque, dovrebbe essere—e per qualcuno è effettivamente—diventasse il vostro manifesto, come l’elefantino propone, con un atto di fede io lo sottoscriverei e non esiterei a considerarmi dei vostri. Del resto, non credo ci sia alcuna speranza che questa sinistra—malgrado le solite, rarissime (e preziose, lodevoli, commoventi) eccezioni—possa farlo proprio.

Il vero discrimine, forse, consiste proprio nel fatto che un editoriale come quello del direttore del Foglio non poteva essere concepito che da quella parte. Ma questa, almeno per me, non è una rivelazione: è la sintesi di un insieme di dati effettuali e di riflessioni a volte tutt’altro che facili. Se oggi l’ironia, il fair play, la tolleranza, hanno abbandonato la rive gauche per trasferirsi sulla rive droite, il minimo che si possa fare è prenderne atto una volta per tutte. E trarne le necessarie conseguenze.

Ho trascritto e riportato qui sotto gran parte dell’editoriale. Il testo integrale può essere consultato qui (in versione pdf).

Avviso ai naviganti: se Follini vota la fiducia al governo Prodi e, di conseguenza, subisce una volgare aggressione, chi lo aggredisce è un bischero. Direi anzi che la differenza egemonica tra destra e sinistra si gioca tutta qui, sul tema del linciaggio morale inferto ai dissidenti, e proprio su questo punto si potrà dire, se gli incontinenti dell’opposizione sapranno trattenre i loro spiriti animali: destra è meglio. Suggerisco al Cav. di invitare a pranzo Follini, cosa che personalmente avrò il piacere di fare comunque io stesso già oggi, e di parlare con lui (habla con ello, sii hidalgo). Votare la fiducia a Prodi è una bestialità politica, e anche un po’ comica da parte di una persona seria come Follini, ma il rispetto personale non è in discussione, nella politica italiana deve tornare a viva forza il fair play.


Critiche severe, battute caustiche, ironie e perfidie, un fischio elegante e contegnoso, un buuuuuuhhhhh degno della Camera dei comuni, e poi stop. Gli psicodrammi sul Paese riconsegnato all’avversario, i cazzotti sul naso come succede in quel gruppetto facinoroso che si onora del nome comunista, tutto quel ciarpame da curva di stadio, quel pagliaccesco sobbollire di emozioni forti e sporche, la destra lo scansi. Il Cav. Prenda carta e penna, o sfoderi uno di quei suoi sorrisi arlati, e spieghi chiaramente ai tifosi gagliardi del suo partito e della sua coalizione che non devono valicare il confine oltre il quale c’è la psicologia ferina della teppa ideologica.
[…]
Lasciamo i linciaggi all’epica di mani pulite e dello spirito forcaiolo, al salotto buono e un po’ ubriaco dei Colombo e dei Tabucchi, alla cultura che ha preparato l’omicidio di Marco Biagi con la character assassination precedente lo sparo, alle dispute onto-ideologiche di chi coltiva in nome dell’idealissmo la filosofia del branco. Nessuno personalmente è un nemico in Parlamento e nel paese. Nessuno è un traditore.
[…]
Comunque sia, e comunque deciderà, anche se per il peggio, Follini è un politico della prima Repubblica e della Dc che stava nel centro sinistra da buon Doroteo, è un intellettuale della politica che ha tentato di dare una dimensione moderata alla destra e ora dice di voler fare la stessa operazione con un nuovo centro sinistra. Queste cose le ha motivare, ci ha scritto su libri. Ha agito in modo rispettabile, con un suo stile.
E il suo stile può essere oggetto di irrisione, di critica rigorosa, di controargomentazione, anche di sberleffo, ma non di cattiveria politica personale, di disconoscimento plateale del diritto della persona a dire e a fare quel che fa. Scegliete dunque il tono e la musica giusta per cantargliele, se Follini confermerà che varca la linea, perché se sbagliate spartito, cari amici della destra, allora non scriveremo che destra è meglio. Scriveremo che e diremo che destra è uguale. Anzi, peggio.