January 30, 2008

Marini, ovvero la noia

Come previsto, Napolitano ha incaricato Marini: governo finalizzato alla riforma elettorale. Nessuno scandalo, per carità. Scelta legittima. Ma forse non esattamente «oggettiva». Infatti, a quanto pare, nemmeno tutti i partiti dell’Unione erano per questa soluzione, mentre quelli dell’opposizione erano compattamente contrari.

D’altra parte, con rispetto parlando, forse il modo in cui il Presidente della Repubblica è stato eletto c’entra qualcosa con questa decisione. Napolitano, comunque, tenendo fede alla promessa, ha motivato la sua scelta. In questi termini (il testo integrale è qui):

«La crisi della maggioranza di governo è avvenuta dopo che in Parlamento si erano aperti spiragli di dialogo per una riforma elettorale e per importanti riforme istituzionali. La modifica della legge elettorale è stata sollecitata anche da una richiesta di referendum dichiarata ammissibile dalla Corte Costituzionale. Per questo ho fatto appello al presidente del Senato di verificare le possibilità di consenso su un preciso progetto di riforma e di un governo che sia funzionale all'approvazione di tale progetto e all'assunzione delle decisioni più urgenti in alcuni campi».

Marini, a sua volta, ha detto che «nelle attese dei nostri cittadini c'è un'attenzione forte alla modifica della legge elettorale». Da cosa derivi questa convinzione non è dato sapere (sondaggi?). Come biglietto da visita—e motivazione per accettare l’incarico—non è un granché, diciamolo. Personalmente, si parva licet, da una persona come Marini mi sarei aspettato qualcosa di più convincente (non voglio dire di più intellettualmente onesto).

Insomma, tutto legittimo, ma che delusione. Che forzatura. E, soprattutto, che noia. I punti esclamativi non li metto di proposito. Buona notte.

Giustizia e verità vorrebbero ...

In trepida attesa di una decisione di Napolitano che sembra abbastanza scontata, occupiamoci di storia—anche se recentissima—attingendo a piene mani alla cronaca di queste ore e di questi giorni (non tutto ciò che è cronaca diventa storia, naturalmente, ma solo gli eventi registrati dalla cronaca possono fare la storia).

E’ di queste ore, anzi, di questi minuti, una notizia sul caso Sme: assolto Berlusconi dall’accusa di falso in bilancio. Conclusione scontata, d’accordo, giacché una legge del 2002 ha abolito il reato. Sono i tempi “biblici,” tuttavia, che lasciano perplessi, come si evince dalla dichiarazione dell’avvocato di Berlusconi, Nicolò Ghedini:

«Una sentenza che arriva in ritardo di sei anni, alla fine di un processo che la Procura e il Tribunale di Milano avevano fatto di tutto per evitare rivolgendosi addirittura alla Corte di giustizia europea. I giudici europei e la Corte Costituzionale avevano detto che la modifica di legge dell’aprile del 2002 era corretta e rispondente alle direttive comunitarie per cui a Milano sono stati costretti, sia pure in ritardo, a celebrare un processo scomodo che è finito come doveva finire».

Un passo indietro di qualche giorno: la crisi di governo. La “Giustizia” c’entra ancora una volta. In che senso l’ha spiegato egregiamente Giuliano Ferrara sul Foglio di sabato scorso. Chi non avesse presente il ragionamento può dare un’occhiata anche al video della puntata di Otto e mezzo del giorno prima, quella esilarante in cui un Massimo Cacciari incontenibilmente insofferente si scaglia contro i “dieci minuti, cronometrati” dell’introduzione di Ferrara. In sostanza (cito dal Foglio):


Ciò che noi foglianti diciamo e ridiciamo da oltre quindici anni, che la magistratura fa politica, che i media le tengono corrivamente bordone, che in nessun paese del mondo […] si fa così, bè, quello che vi diciamo e ridiciamo da anni è semplicemente vero.

Tutto bene, tutto chiaro (per chi vuol capire). I governi italiani cadono sotto i colpi della magistratura, ecc., bisogna fare qualcosa, ecc., ecc. Quel che il Ferrara-pensiero non contempla, a mio modestissimo avviso, è la circostanza che i magistrati non siano sempre così potenti. La Forleo e De Magistris, per esempio, sono stati “stoppati.” E ancora: anche chi riesce nell’intento di mettere sotto processo la politica non sempre gode della simpatia e della solidarietà della magistratura o degli ambienti vicini a quest’ultima. L’ex pm D’Ambrosio, per esempio, ha stigmatizzato pubblicamente chi ha ordinato gli arresti domiciliari per la moglie di Clemente Mastella. Cosa significa questo? Banalmente, rozzamente, o come si voglia dire, l’impressione è, purtroppo, che ci siano due pesi e due misure: per chi attacca il centrodestra, la gloria, a chi tocca il centrosinistra, la gogna (quando non l'altolà).

Questo lo dico anche, ma non solo, per la stima che ho per Clementina Forleo, di cui tutto si può dire meno che “faccia politica,” essendosi limitata a formulare in termini rigorosamente giuridici ciò che anche la persona più sprovveduta in materia, basandosi sul semplice buon senso, pensava e pensa sul caso di cui la gip milanese si stava occupando prima che l’inchiesta le fosse strappata di mano.

Insomma, Giuliano Ferrara ha ragione sulla magistratura e sui giornali, ma sbaglia quando non “distingue,” o quando se la prende con “il petulante Beppe Grillo,” che si comporterebbe come certa stampa smaccatamente di parte. Grillo, infatti, è tutto sommato un cane sciolto, e qualche volta ha ragione, come e quanto, forse, gli autori del best seller La Casta.

Si renderebbe un servizio alla verità se quest’ultima venisse onorata con maggiore completezza: raccontare una verità dimezzata è senz’altro meglio che raccontar balle o lasciare che si creino “mostri” ad uso e consumo di “folle inferocite,” e il tutto per sbarazzarsi degli avversari politici o almeno per raccattare un po’ di voti, ma a qualcuno non basta neanche questo. Soprattutto a chi vorrebbe mettere un argine, una volta per tutte, allo strapotere della magistratura, che è davvero una questione centrale della nostra malconcia democrazia.

January 29, 2008

Meglio votare subito

Pare ormai quasi certo: si va al voto. Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini non hanno lasciato molto spazio ad altre ipotesi. D’altra parte, il primo, in materia di riforme, ha detto una cosa che mi sembra abbastanza ovvia: «Non abbiamo cambiato idea. Ma non è possibile pensare di attuare riforme importanti in tempi brevi». E chi si esprime diversamente farebbe bene a rifletterci su un po’ meglio—a meno che non dica una cosa e ne pensi un’altra, per motivi che non voglio indagare …

Certo, forse una “riformetta,” frutto di un semplice gentlemen agreement, che rimettesse il voto di preferenza o introducesse qualche altro ritocco ci potrebbe anche stare, accontentando chi proprio non riesce a digerire il “porcellum.” Ma, nella situazione disastrata del dibattito politico attuale, la cosa sembra piuttosto utopistica. Dunque, meglio votare.

Quel «non abbiamo cambiato idea», in ogni caso, è importante, perché significa che, secondo il capo di Forza Italia (o come si deve chiamare, al momento, il suo partito), dopo le elezioni il dialogo con Veltroni può e deve continuare. Questo, personalmente, credo sia l’essenziale. E Walter Veltroni, a mio avviso, farebbe bene ad accontentarsi della prospettiva, senza chiedere agli avversari ciò che lui stesso, al loro posto, con ogni probabilità non potrebbe né vorrebbe concedere.

January 27, 2008

Holocaust Memorial Day 2008

Today is a good day. We look around like blind people who have recovered their sight, and we look at each other. We have never seen each other in sunlight: someone smiles. If it was not for the hunger!

For human nature is such that grief and pain - even simultaneously suffered - do not add up as a whole in our consciousness, but hide, the lesser behind the greater, according to a definite law of perspective. It is providential and is our means of surviving the camp. And this is the reason why so often in free life one hears it said that man is never content. In fact it is not a question of a human incapacity for a state of absolute happiness, but of an ever-insufficient knowledge of the complex nature of the state of unhappiness; so that the single name of the major cause is given to all its causes, which are composite and set out in an order of urgency. And if the most immediate cause of stress comes to an end, you are grievously amazed to see that another one lies behind; and in reality a whole series of others.

So that as soon as the cold, which throughout the winter had seemed our only enemy, had ceased, we became aware of our hunger; and, repeating the same error, we now say: "If it was not for the hunger!..."

But how could one imagine not being hungry? The Lager is hunger: we ourselves are hunger, living hunger.

—Primo Levi, If This is a Man


Primo Levi's greatness as a writer is no doubt complex, made up of several different qualities. But partly it comes, I think, from his ability to convey that, when real evil is done by people to other people, it is bottomless. Though it needs to be explained so far as we are able to, it cannot be contained by its explanation or redeemed by it.

—Norman Geras, normblog

January 24, 2008

Un nuovo quotidiano

[N]on è la politica in sé ad aver fallito, ma il suo modo di essere, il suo schiacciamento sul presente, la sua incapacità di alzare lo sguardo verso il futuro indicando ricette e soluzioni. È l’inizio di un lavoro che ci impegniamo a portare avanti lungo due parole-chiave: la serietà e la responsabilità. Quella stessa serietà e quella stessa responsabilità che chiediamo alle classi dirigenti di un Paese in affanno.
(Dall'editoriale del direttore di Liberal, oggi al suo primo numero)

Auguri al nuovo quotidiano e al suo vice direttore, Andrea Mancia, cittadino di TocqueVille.

Nunc est bibendum

156 sì, 161 no. Prodi ha chiuso, i problemi restano. E abbiamo già perso un mucchio di tempo. Che si vada subito al voto oppure no, è una scelta affidata alla saggezza di una classe dirigente che, nel suo complesso, è sull’orlo della bancarotta e tanto saggia, a dire il vero, non ha finora dimostrato di esserlo. In altre parole, uno non fa in tempo a tirare un lungo sospiro di sollievo, e un senso di liberazione, ehm, quasi un’euforia …, lo invade, ed ecco che subito è richiamato alla dura realtà. Un brindisi, comunque, ci sta:

Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’è certezza.

January 23, 2008

'When I Get Where I'm Going'


Since the beginning, God and country music have gone together like fiddles and steel guitars. But now, there's a particularly strong wave of faith-based, Nashville sounds. As David Fillingim—the author of Redneck Liberation: Country Music as Theology—puts it, there have been a lot of songs

“that are just kind of straight gospel songs, that a few years ago would have only been played on the Christian radio stations, and now they're being recorded by the biggest country singers.”

And the main reason why this is so—as Sandi Dolbee wrote in an article published in The Paramus Post, a local news and lifestyle magazine based in Paramus, New Jersey—is that listeners love these songs:

“The level of passion that we see on these songs, especially like 'Jesus, Take the Wheel' and 'When I Get Where I'm Going' (Brad Paisley's heavenly hit), is overwhelming,” says Mike O'Brian, program director for US 95.7, one of San Diego's two FM country music stations. "I think these songs offer people hope - like blessed assurance."
[…]
Ditto for rival station KSON/97.3. “Country music is a values-based music,” says KSON's program director, John Marks. “Those who share those values gather around the format because it's safe for the children, it's lyrically driven and it's about things that people in real life deal with every day - losing a love, finding a love, breaking up, dating, everyday life.”Neil Haislop, a veteran county radio producer and writer in Los Angeles, points out that the audience isn't just Christian, it's pretty conservative Christians. “They believe in a Christian God and a fairly strict one.”

Hot young country singer Brad Paisley is in this wavelength (religion & traditional values), as can be heard in many of his songs, such as, for instance, “He Didn't Have To Be” (album: Who Needs Pictures, 1999), “Love Is Never-Ending” (Time Well Wasted, 2005), “Letter To Me,” and “When We All Get To Heaven” (5th Gear, 2007). With his style crossing between traditional country and pop-rock, he has made, in my opinion, some of the most interesting albums in the genre in the recent years.

In the YouTube video Brad Paisley is singing “When I Get Where I'm Going,” the song, from the above mentioned Time Well Wasted album, which gave him the fifth #1 of his career (March 2006).

From Wikipedia:

The video of this song features footage of Paisley singing in a forest, as well as home movies of Brad with his granddad, Warren L. Jarvis. He also holds up photos of himself with Jarvis and his aunt Rita Takach. The extended version of the video ends with Jarvis in a home movie saying "Come on in and rock a while!" and Brad smiling when he looks up from his guitar playing and sees this. It also features many different people holding photographs of loved ones who have presumably died. Two notable people featured in this video are Michael Reagan, who is shown holding a photograph of his father Ronald Reagan, and Teresa Earnhardt, who is shown sitting in front of a painted portrait of her husband, the late NASCAR driver Dale Earnhardt. Although she does vocals on the song, Dolly Parton is not shown singing in the video. However, she is shown holding a picture of a her grandfather, Rev. Jake Owens, who'd died a few years earlier. She kisses her hand then touches the photograph in this scene. John Carter Cash is featured holding a photo of his parents, Johnny Cash and June Carter Cash. Various unknown people hold up photos of relatives who have passed on throughout as well.



Italian Government (probably) on the brink of collapse

“Poor Romano Prodi,” wrote the Financial Times on Sunday, “the year began badly for Italy’s slightly dishevelled but quietly effective prime minister.” I have got to confess that after reading the article I realized that I had lost something—something very important—during the last eighteen months, that is since April 2006, when Prodi returned to power by stitching together—as pointed out in the article—“an improbable patchwork coalition of nine squabbling parties, including communists, greens, and Catholics” (to whom I would add fiercely anticlerical ultra-secularists, moderate conservatives, free traders and libertarians).

As a matter of fact, I wonder how was it possible that I (as well as Bank of Italy’s Governor Mario Draghi!) had not before noticed—even though I do live in Italy!—our Prime Minister’s “quiet effectivess?” As it was not enough, how was it possible that I had not before noticed how heroically our “fiercely-competent” Minister of Finance, Mr Padoa-Schioppa, has been facing during those months “with the legacy of the fiscally-irresponsible Berlusconi government,” and the admirable way he “has begun to regain control of public finances?”

It would be a pity, therefore, to see him go so early, hit by two adverse events, of whom the first widely unexpected, both from the southern region of Campania:

a vesuvian eruption in the ongoing crisis of Neapolitan refuse collection, and the resignation of Clemente Mastella, Justice Minister, after he and his wife were hit by corruption allegations concerning appointments at a state hospital near Naples.

Obviously neither the Neapolitan people, except their centre-left Mayor, Mrs. Rosa Russo Jervolino, nor the rest of Italy think Mr Prodi bears any responsibility on the waste disposal crisis—even though the 17,000-strong Confturismo association of Veneto region must not have a particular veneration for Mr Prodi, but this is probably due to a disgraceful form of parochialism and economic egoism.
As for the rest of the article—by Martin Rhodes, a professor of comparative political economy at the University of Denver—, a very severe one, but unfortunately no more than what is necessary, I don’t think I have anything to say. Despite Mr Prodi and Mr Padoa-Schioppa, “Italy remains the least well-governed country in Europe.” How could I argue with that?

January 21, 2008

Zitti, per carità ...

No, un momento, ma fino a che le telecamere non me lo mostrano intento a varcare la soglia del Quirinale, per poi uscirne dopo pochi minuti, con un sorrisetto più tirato che mai stampato sul faccione occhialuto, e dichiarare a legioni di giornalisti in trepida attesa che …—alt, non lo dico e non so se più per scaramanzia o per tommasiana incredulità, o meglio ancora per tutt’e due le cose insieme—, beh, mi dispiace ma non ci credo …, che dico? non ci credo finché non lo vedo io, con questo miei occhi, anzi, non ci credo nemmeno se lo vedo, figuriamoci se ci credo, dopo tante fregature, dopo innumerevoli e inenarrabili disillusioni … Zitti, per carità, che nessuno fiati! Vi prego …

January 18, 2008

Senza parole

Mi spiace per gli affezionati lettori, ma il caso Mastella mi ha lasciato senza parole. Quel che so è che Napoli affonda nei rifiuti e che l’economia campana è in ginocchio. Perciò che la magistratura locale si occupi delle raccomandazioni “sanitarie” dell’uomo di Ceppaloni e delle attricette di Berlusconi e Saccà—evitando di metter becco sulle eventuali responsabilità di personaggi ben più “sospetti”—mi sembra un po’ una presa per i fondelli. Ma forse è un limite mio.

Comunque, per restare sullo specifico, ci sono tre articoli che raccomando. Il titolo, curiosamente, è lo stesso: “Così fa tutti.” Gli autori sono Gian Antonio Stella (Corriere), Francesco Merlo (la Repubblica) e Lucia Annunziata (La Stampa). Si tratta di riflessioni piuttosto equilibrate e, mi pare, senza pregiudizi. Mastella non ne esce bene, ma neanche troppo male, e così il magistrato che lo accusa. Così fan tutti, in ogni caso, è un ottimo titolo. Un po’ nauseabondo, d’accordo, però non tanto quanto l’ipocrisia di chi vorrebbe farci credere che no, non è assolutamente vero che così fan tutti.

January 16, 2008

Birmania, la lotta continua


«Il Buddha diceva: “Si deve morire, un gior­no.” Ecco il senso dell'insegnamento del Santo, tradotto nella nostra realtà: siamo pronti a ritornare nelle strade in ogni momento. Siamo pronti al sacrifi­cio per la nostra gente. Non abbiamo paura».

In altre parole, i «soldati delle pagode», cioè i monaci guerrieri birmani, non mollano.
«Noi ab­biamo una missione: regalare ai nostri fratel­li laici quello che abbiamo appreso at­traverso lo studio della vita del Bud­dha. Concetti come amore per il prossi­mo, giustizia, compassione. Del tutto ignorati dalle autorità di questo nostro sfortunato Paese. Per questo crediamo che sia giusto sollevarsi: pacificamen­te».

Questo e molto altro in un articolo di Paolo Salom pubblicato oggi sul Corriere della Sera.

Wintertime


Plow, naked man! Sow, naked man! Winter is farmer's lazy time.
In cold weather the farmers enjoy their gain for the most part
and they happily prepare feasts for each other.
Friendly winter is inviting and lightens their cares,
as when loaded boats at last reach port
and the happy sailors place crowns upon the sterns.
Still, then is the time to pick the oaken acorns,
the laurel's berries, the olive and the blood-red myrtle;
the time to set traps for cranes and nets for stags;
the time to chase the long-eared rabbits, to smite the does
as you whirl the thongs of a Balearic sling,
when the snow lies deep and the rivers push ice.

...........

Nudus ara, sere nudus; hiems ignava colono.
Frigoribus parto agricolae plerumque fruuntur
mutuaque inter se laeti convivia curant.
Invitat genialis hiems curasque resolvit,
ceu pressae cum iam portum tetigere carinae,
puppibus et laeti nautae inposuere coronas.
Sed tamen et quernas glandes tum stringere tempus
et lauri bacas oleamque cruentaque myrta,
tum gruibus pedicas et retia ponere cervis
auritosque sequi lepores, tum figere dammas,
stuppea torquentem Balearis verbera fundae,
cum nix alta iacet, glaciem cum flumina trudunt.


—Publius Vergilius Maro, Georgics - Book I, 299

Lo stupro come arma: il Darfur è anche questo

“I could hear the women crying for help, but there was no one to help them.”



Dal 2003, inizio del conflitto in Darfur, migliaia di donne e bambine sopra gli otto anni sono state stuprate e ridotte a schiave sessuali dai miliziani janjaweed. Gli attacchi avvengono spesso mentre le donne si allontanano dai campi profughi, per le normali attività di ogni giorno, e gli stupratori sono quasi sempre in gruppo. Di ritorno al campo, le donne vengono rinnegate dalle loro stesse famiglie. Lo scopo dei janjaweed, con la complicità delle forze regolari sudanesi, è infatti umiliare, punire, controllare, e terrorizzare la comunità da cui provengono. Lo stupro diventa così un'arma e porta, oltre al trauma in sé, le mutilazioni genitali, le ferite, l'alto rischio di contrarre e diffondere l'AIDS e altre malattie sessuali. Refugees International ha ora rilasciato “Laws Without Justice,” un dossier sull'accesso ai servizi legali delle vittime di stupro in Sudan: ne emerge un quadro dalle tinte fosche, in cui le donne sono vittime due volte. Un chiaro esempio è il rischio, per la donna che denuncia le violenze ma che non riesca a provarle, di essere accusata di "zina", adulterio: la pena è morte per lapidazione per le donne sposate o centinaia di frustate per chi non lo sia. Anche il ricorso alle cure mediche fornite dalla ONG presenti in Darfur risulta difficile e rischioso. Le ONG sottostanno alle rigide regole del Governo per continuare a operare nel terriorio, nonostante intimidazioni e attacchi, e perdono così molta della fiducia delle vittime, costrette spesso a compilare un modulo di denuncia che le espone ai rischi della giustizia sudanese. Queste sono solo due delle conclusioni a cui sono giunte le analisi della Refugees International. Il resto lo trovate qui.

[Dal blog di Italian Blogs for Darfur]

January 15, 2008

Vergognosa vittoria dell'intolleranza

La nota della sala stampa vaticana recita così:

«A seguito delle ben note vicende di questi giorni in rapporto alla visita del Santo Padre all'Università degli Studi La Sapienza, che su invito del Rettore Magnifico avrebbe dovuto verificarsi giovedì 17 gennaio si è ritenuto opportuno soprassedere all'evento. Il Santo Padre invierà, tuttavia, il previsto intervento».

Nell'aula di Scienze politiche dove era in corso un'assemblea dei collettivi, cori di giubilo—informa il Corriere—hanno salutato la notizia della rinuncia del Papa. In un certo senso, gioisco anch’io. Avevamo bisogno di una prova certa dell’intolleranza laicista? Ebbene, l’abbiamo avuta proprio grazie alla rinuncia di Benedetto XVI, che ha del clamoroso. Se il Papa fosse andato comunque—a parte le probabili e imbarazzanti conseguenze, eufemisticamente parlando—gli intolleranti avrebbero perso, mentre è proprio di questa loro vergognosa “vittoria” che c’era bisogno. Perché fosse chiaro a tutti che la libertà di opinione e la laicità della cultura—che della tolleranza non possono in alcun modo fare a meno—sono soltanto un pallido ricordo e che da oggi in poi i cattolici sono ufficialmente dei perseguitati. Appurato questo, abbiamo liberato il campo da un mucchio di ipocrisie. Vi pare poco?

A Sua Eccellenza Dr Ban Ki-Moon

Sottoponiamo alla Sua e alla Vostra attenzione una richiesta di moratoria delle politiche pubbliche che incentivano ogni forma di ingiustificato e selettivo asservimento dell’essere umano durante il suo sviluppo nel grembo materno mediante l’esercizio di un arbitrario potere di annichilimento, in violazione del diritto di nascere e del diritto alla maternità.


Moratoria sull'aborto: ecco la bozza della lettera al Segretario generale dell’Onu che sarà proposta a una dozzina di personalità del mondo della scienza, della cultura e del diritto al di quà e al di là dell'oceano. Al documento, nella sua stesura definitiva, potranno dare la loro adesione quei cittadini europei e americani che lo desidereranno.

January 14, 2008

Tradimenti (updated)

Non essenndo un tuttologo, di ciò di cui non mi occupo con una certa assiduità sono sempre restio a parlare e a scrivere. Però ci sono commentatori e osservatori di cui mi fido, o, se si preferisce, dai quali ho appreso cose un po’ controcorrente, su fatti e circostanze della nostra storia, che mi hanno fatto riflettere e che mi sono sembrate convincenti.

Uno di questi è Lino Jannuzzi, il quale, sul Giornale di oggi, ha detto la sua verità su Bruno Contrada. Un altro è Filippo Facci, il quale, sempre sul Giornale, ha a sua volta detto la sua verità su Bobo Craxi.

Casi e situazioni assai diversi, ovviamente, ma accomunati da un’accusa odiosa: tradimento. Uno, secondo i suoi detrattori, avrebbe tradito lo Stato, l’altro, secondo Facci, avrebbe tradito suo padre.

In entrambi i casi, una lettura attenta è il minimo, credo, che una persona senza paraocchi dovrebbe consentirsi. Quanto alle conclusioni, personalmente mi ritengo fortunato di non essere per nulla tenuto a trarne (neppure "ufficiosamente”). Nel primo caso, più che altro, a causa di una scarsa dimestichezza con la materia, nel secondo, essenzialmente, per qualcosa che assomiglia molto a un sentimento oggi in disuso: il rispetto per i sentimenti (e le tragedie) altrui.

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UPDATE 15.01.08
Segnalo doverosamente la replica di Vittorio (Bobo) Craxi a Filippo Facci, sul Giornale di oggi.

January 11, 2008

The sound of what cannot be seen

If there is any secret to this life I live, this is it: the sound of what cannot be seen sings within everything that can.
—Brian Andreas

[Via Woman Wandering]

Ferrara, la Fallaci e Sarkozy

Batto le mani a Giuliano Ferrara per la proposta di modifica della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo al fine di introdurvi l’affermazione che il diritto alla vita va inteso “dal concepimento fino alla morte naturale”. […]

E’ bene che [la madre] sappia – prima di decidere – che ha dentro un essere umano che ha il diritto a vivere. Ogni donna lo sa con il corpo ma è bene che lo sappia anche in parole. La stessa affermazione era stata proposta laicamente da tanti in passato e ultimamente da Oriana Fallaci e anche a lei avevo battuto le mani […].

Sul filo dell’attualità aggiungo un applauso a Nicolas Sarkozy per aver rotto il tabù della laicità che per essere tale deve misconoscere la religione. Un passaggio che fu forse necessario per uscire dal dominio religioso che misconosceva la laicità, ma che non ha più giustificazione nell’Europa secolare del terzo millennio.


Lo scrive sul suo blog Luigi Accattoli, che così conclude il post:
Ferrara, la Fallaci e Sarkozy sono o paiono di destra mentre io sembro di sinistra? Niente di male: è dalla contaminazione che viene la vita.

Giustamente il vaticanista del Corriere scrive “sono o paiono” e “sembro.” Forse d'ora in avanti un numero sempre crescente di persone in qualche modo e a qualsiasi titolo impegnate in politica dovrebbe definire in maniera analoga la propria "collocazione." Grazie a Luigi Accattoli per avercelo, con discrezione, suggerito.

Un politico "in stato di grazia"

Il momento politico non è dei migliori (eufemisticamente parlando), d’accordo, però non tutto è da buttar via. Ad esempio, a sentire Veltroni, siamo a un passo dalla tanto attesa nuova legge elettorale, ancorché di transizione—ma a questo mondo tutto è transitorio, malgrado il fatto che in Italia nulla sia più duraturo del provvisorio …

Un’altra buona notizia, a giudizio di Lodovico Festa (sul Foglio di oggi), è “la maturazione a tappe accelerate di Roberto Formigoni.” Per spiegarsi, Festa ha tracciato un lusinghiero ritratto del governatore della Lombardia, contrapposto non senza una buona dose di perfidia al “miope” Pier Ferdinando Casini e al “presbite” Gianfranco Fini. Ne riporto un bel pezzo, perché merita:


Il presidente lombardo […] è da tempo un ottimo amministratore ed è anche un politico ormai dalla lunga esperienza. Negli ultimi anni, però, dava qualche segno di fastidio per il suo mestiere di governatore e di nervosismo nell’inventarsi nuove prospettive politiche. Il problema non è quello dell’ambizione, che è una virtù per ogni uomo pubblico, ma della capacità di intrecciare questo legittimo sentimento con una visione all’altezza dei grandi problemi nazionali, e di non farsi condizionare in questo sforzo né dalla miopia né dalla presbiopia. Non bisogna fare, insomma, né come il miope Pier Ferdinando Casini, che ragiona sempre da capocorrente dc (Arnaldo Forlani non gli ha dato l’ultimo tocco per diventare un cavallo di razza) tutto teso al suo interesse particolare. Ma neanche come il presbite Gianfranco Fini, che scambia il consenso che gli viene da sinistra (in quanto alternativa da usare contro Silvio Berlusconi) per moneta corrente da spendere subito nel proprio interesse. Miopia e presbiopia non sono mancati nel passato formigoniano: l’invenzione di partiti riformisti, il volere essere candidato al Senato a tutti i costi, qualche difficoltà nel rapportarsi a quello strano animale che è Forza Italia, qualche cedimento ai corteggiamenti in funzione antiberlusconiana del Corriere della Sera. Il tutto insieme a qualche svogliatezza verso il suo ruolo di amministratore, di cui si diceva prima.

Non so che cos’è successo, ma negli ultimi tempi, nessuno di questi difettucci si è più manifestato. Perfetto nell’accompagnare il movimentismo berlusconiano ma senza rompere con An, Udc e Lega; attento persino alle gesta di Michela Vittoria Brambilla; particolarmente aperto all’opposizione ma senza alcun accenno consociativo; generoso con i poveri martiri (Bondi&Cicchitto) che tengono in piedi Forza Italia, ma pronto a sentire i fondamentali grandi vecchi forzisti (da Giuseppe Pisanu a Giulio Tremonti). E’ anche riuscito, poi, a superare l’immagine, che avversari e qualche amico gli avevano cucito addosso, di politico che non era altro se non pura espressione di Cielle: e questo, naturalmente, senza perdere i legami di valore, cultura e anche di affetti con la comunità religiosa in cui è cresciuto. Questa situazione di nuova maturità lo ha favorito anche nelle cose amministrative, dove ha dimostrato un tocco eccezionale: così su Malpensa, affrontata come grande questione nazionale di sviluppo e urbanistica non come bega di potere locale, così sull’aborto, con un intervento che prende (e impone di prendere) sul serio la 194, così nel trovare un accordo con Antonio Di Pietro sulle autostrade lombarde. Sereno, ironico, leggero nelle inevitabili polemiche e pronto a offrire una sponda ai volenterosi. Veramente uno stato di grazia.

Festa prosegue con un paio di sollecitazioni al presidente lombardo, cui si chiede di “ridare un po’ di coerenza al centrodestra.” Ma qui si entra in dettagli sui quali non vorrei avventurarmi. Quel che mi sembra più interessante è che dal ritratto emerge un politico effettivamente “maturo” e … pronto per nuove e più ambiziose sfide e responsabilità.

L'autore dell'articolo, a mio giudizio, molto probabilmente non sbaglia quando conclude il suo ragionamento con questa constatazione:


L’Italia ha bisogno di dialogo, al centrodestra servono movimento, idee e obiettivi concreti. Sono pochi quelli che possono aiutare a perseguire questi due (ben separati) obiettivi, Formigoni al momento mi sembra quello in grado (e nella forma necessaria) di dare il contributo più utile.

January 10, 2008

Dialogo aperto sull'aborto

Per essere soltanto il direttore di un piccolo—ancorché vivacissimo—quotidiano, con la sua proposta di una “moratoria sull’aborto,” Giuliano Ferrara ha conseguito un risultato a dir poco straordinario: ha riportato all’ordine del giorno il dibattito sulla spinosissima questione, ottenendo persino il plauso incondizionato della Chiesa. Infatti, come si sa, dopo Camillo Ruini, il Papa in persona ha avallato (indirettamente) l’iniziativa, facendo proprio l’aggancio suggerito da Ferrara con la recente risoluzione Onu in materia di pena di morte:

«Mi rallegro che lo scorso 18 dicembre l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite abbia adottato una risoluzione chiamando gli Stati ad istituire una moratoria sull'applicazione della pena di morte ed io faccio voti che tale iniziativa stimoli il dibattito pubblico sul carattere sacro della vita umana».

Anche sul versante laico, in qualche caso, la proposta è stata accolta bene, o quanto meno con rispetto e attenzione. Basti pensare all’intervento di Adriano Sofri (di cui si è già riferito) sul Foglio del 20 dicembre scorso, a quello di Giuliano Amato sul Sole-24 Ore del 6 gennaio e alla lettera di Walter Veltroni al Foglio di ieri (tutto copiato e incollato qui, assieme alla risposta di Ferrara ad Amato). Il che dimostra che discutere civilmente sull’aborto, pur in presenza di punti di vista assai distanti, è possibile. Una lezione per tutti i fautori dello scontro frontale sulle questioni di bioetica.

Insomma, la lettura degli interventi citati è vivamente raccomandata. Personalmente, pur condividendo l’impostazione del direttore del Foglio, che del resto è tutt’altro che “guerrafondaia,” come si evince da un esame non superficiale e non prevenuto della medesima, ho apprezzato moltissimo sia la riflessione di Sofri sia quella di Amato, entrambe contrassegnate da una profonda onestà intellettuale e impreziosite non solo dalla ben nota intelligenza critica di due intellettuali laici, bensì anche dalla loro capacità di tenere costantemente in tensione tra loro istanze contrapposte, in modo da far emergere (e apprezzare), oltre alle proprie, le ragioni degli «altri», con tutta la loro forza e ricchezza.

Se il dibattito—auspicato dal direttore del Foglio e da Walter Veltroni—saprà mantenersi su questi livelli, ci saranno sicuramente esiti interessanti. Non solo sotto il profilo politico e legislativo, che per altro, azzardo, non è neppure quello più essenziale: è culturale e filosofico il nodo principale. Il che non dovrebbe rendere il dialogo più facile, ma un po’ più imprevedibile magari sì.

January 7, 2008

Con le scuse alla città, alla nazione, all'Europa ...

Ci sarebbe materia, per gli indignati di professione, per lanciare alti lai, e una volta tanto in maniera pienamente condivisibile anche da parte di chi è meno incline a questo tipo di rituali. Ma siccome è tutta “di sinistra” la vergogna per ciò che succede a Napoli, i toni sono per lo più fin troppo moderati, considerata la gravità inaudita della situazione. Oppure si preferisce giocare allo scaricabarile, o peggio si parla di «responsabilità collettiva» (popolazione inclusa), cioè, in pratica, tutti colpevoli, nessun colpevole, che è un modo vergognoso di affrontare la materia. E’ il caso, ad esempio, di un articolo che si legge oggi su La Stampa: vergognoso, appunto. E non perché non ci siano responsabilità collettive, che ci sono sempre, in qualche misura, quando un problema si trasforma in una disfatta delle proporzioni di quella napoletana, ma perché le colpe “di tutti” sono niente a confronto con quelle che hanno nomi e cognomi.

Di ben altro tenore, sabato scorso, l’articolo di Mattia Feltri, ancora sul quotidiano torinese. Vittima predestinata il solito Bassolino, e fin qui, naturalmente, tutto regolare. La cosa notevole, piuttosto, era il taglio ironico del pezzo, una performance che penso meriti tutta la nostra riconoscenza e ammirazione:


Antonio Bassolino - come quel bravo allenatore che diceva ho vinto, abbiamo pareggiato, hanno perso - sa dove collocare meriti e demeriti. Ieri ha dunque confermato la propria stessa riconferma: non si dimette. «Se i miei predecessori e i miei successori non sono riusciti a risolvere il problema vuol dire che il nodo è duro», ha detto. Poi ha aggiunto: «I rifiuti dalla strada io li ho sempre tolti». E ancora: «Il commissario di governo ci deve stare più vicino e Palazzo Chigi deve avere il coraggio di stare al nostro fianco».Quando parla di predecessori e successori, Bassolino si riferisce ai commissari straordinari per l’emergenza rifiuti in Campania, ruolo che ha ricoperto per quattro anni, dal 2000 al 2004, il più longevo fra i molti vanamente incaricati di risolvere il problema. Nel 2000, Bassolino aveva da poco concluso l’esperienza di governo (era stato ministro del Lavoro col premier Massimo D’Alema) e si preparava a lasciare la seggiola di sindaco per puntare a quella di governatore della Regione. Da commissario straordinario, dunque, si presume che sia stato molto vicino a sé stesso sindaco e anche a sé stesso governatore. E con le buone entrature che aveva a Palazzo Chigi, che fosse in possesso di buoni argomenti per tenere il governo al suo fianco, che si trattasse di un fianco o dell’altro, quello di amministratore o quello di commissario.


Tornando all’oggi, dopo le esternazioni e i fieri propositi manifestati dal presidente del Consiglio Romano Prodi, la Jervolino s’è risentita e ha chiamato direttamente in causa l’incauto censore. E la cosa potrebbe suonare persino divertente, se le circostanze non fossero quelle che sono:


«Sento di essere rispettosa istituzionalmente, ma al presidente del Consiglio Romano Prodi la possibilità di giungere a una situazione del genere era stata prospettata addirittura l'11 gennaio del 2007 in una riunione fatta a Castel dell'Ovo dopo una lunga e particolareggiata relazione del commissario governativo di allora, Guido Bertolaso. Stranamente questa riunione non ha avuto ricadute. Dopodiché c'è stato un decreto legge del Governo, convertito in legge, che individuava alcuni siti che stranamente non sono stati aperti. Non voglio dire che ho fatto tutto in modo perfetto, ma la responsabilità è legata ai poteri che si hanno. Non posso essere responsabile di cose per la quali non ho mai avuto il potere, né io, né prima di me Riccardo Marone, né Bassolino».

Certo che la situazione, in questo modo, si è fatta ancora più complicata. Uno non fa in tempo ad unirsi al coro dimissioni-dimissioni (assieme a Di Pietro!) del povero Bassolino e dell’infelice Jervolino (con rispetto parlando), che ti tirano in ballo il Prodi, e con argomentazioni solide e accuse circostanziate!

Come regolarsi? Chi mandiamo a casa? Un bel dilemma. Al quale non intravedo altra soluzione che quella di mandarli a casa—con ignominia—tutti e tre, accompagnati da un nutrito gruppo di sodali e collaboratori, cioè praticamente due giunte (almeno), un governo e una coalizione. Con le scuse ufficiali ai cittadini di Napoli, alla famiglia Gava, alla Prima Repubblica, all’opposizione, alla nazione, all’Europa e a questo pazzo, pazzo mondo.

January 6, 2008

In Epiphania Domini

Epifanía de Navasa. Pinturas en Museo Diocesano de Jaca

Christus Iudaeos et Gentes in se copulat.
1. 1. Non molto tempo fa abbiamo celebrato il giorno in cui il Signore è nato dai Giudei; oggi celebriamo il giorno in cui è stato adorato dai pagani. Poiché la salvezza viene dai Giudei [Gv 4, 22.]; ma questa salvezza (sarà portata) fino agli estremi confini del mondo [Is 49, 6]. In quel giorno lo adorarono i pastori, oggi i magi; a quelli lo annunciarono gli angeli, a questi una stella. Tutti e due l'appresero per intervento celeste, quando videro in terra il re del cielo, perché ci fosse gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà [Lc 2, 14]. Egli infatti è la nostra pace, colui che ha unito i due in un popolo solo [Ef 2, 14 ]. Già, fin da quando il bambino è nato e annunziato, si presenta come pietra angolare [Cf. Mt 21, 42], tale si manifesta già nello stesso momento della nascita. Già cominciò a congiungere in sé le due pareti poste in diverse direzioni, chiamando i pastori dalla Giudea, i magi dall'Oriente: Per creare in se stesso dei due un solo uomo nuovo e ristabilire la pace; pace tanto a quelli che erano lontani tanto a quelli che erano vicini[Ef 2, 15. 17]. I pastori accorrendo da vicino lo stesso giorno della nascita, i magi arrivando oggi da lontano hanno consegnato ai posteri due giorni diversi da celebrare, pur avendo ambedue contemplato la medesima luce del mondo.

Magorum fides et infidelitas Iudaeorum.
1. 2. Oggi bisogna parlare dei magi che la fede ha condotto a Cristo da terre lontane. Vennero e lo cercarono dicendo: Dov'è il Re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto la sua stella in Oriente e siamo venuti ad adorarlo [Mt 2, 2]. Annunziano e chiedono, credono e cercano, come per simboleggiare coloro che camminano nella fede e desiderano la visione [Cf. 2 Cor 5, 7]. Non erano già nati tante volte in Giudea altri re dei Giudei? Come mai questo viene conosciuto da stranieri attraverso segni celesti e viene cercato in terra, risplende nell'alto del cielo e si nasconde umilmente? I magi vedono la stella in Oriente e capiscono che in Giudea è nato un re. Chi è questo re tanto piccolo e tanto grande, che in terra non parla ancora e in cielo già dà ordini? Proprio per noi - perché volle farsi conoscere da noi tramite le sue sante Scritture - volle che anche i magi credessero in lui attraverso i suoi profeti, pur avendo dato ad essi un segno così chiaro in cielo e pur avendo rivelato ai loro cuori di essere nato in Giudea. Nel cercare la città nella quale era nato colui che desideravano vedere e adorare, fu per essi necessario informarsi presso i capi dei Giudei. E questi, attingendo dalla sacra Scrittura che avevano sulle labbra ma non nel cuore, presentarono, da infedeli a persone divenute credenti, la grazia della fede, menzogneri nel loro cuore, veritieri a loro proprio danno. Quanto sarebbe stato meglio infatti se si fossero uniti a quelli che cercavano il Cristo, dopo aver sentito dire da essi che, veduta la sua stella, erano venuti desiderosi di adorarlo? se li avessero accompagnati essi stessi a Betlemme di Giuda, la città che avevano ad essi indicato seguendo le indicazioni dei Libri divini? se insieme ad essi avessero veduto, avessero compreso, avessero adorato? Invece, mentre hanno indicato ad altri la fonte della vita, essi ora sono morti di sete. È successo loro come alle pietre miliari: mentre hanno dato indicazioni ai viandanti in cammino, essi son rimasti inerti e immobili. […]

Augustinus Hipponensis, Sermo 199 - IN EPIPHANIA DOMINI (qui la traduzione italiana).


Un Sant’Agostino che, nella circostanza, riesce ad essere piuttosto polemico. Nel suo tempo, del resto, il contenzioso con quei Giudei che non avevano accolto Gesù era ancora aperto. Ma oggi, volendo individuare un bersaglio “più attuale” per la rampogna del Vescovo di Ippona, a chi si potrebbe pensare? L’attingere alla sacra Scrittura, avendola “sulle labbra ma non nel cuore,” e il presentare, “da infedeli” (di fatto), “la grazia della fede,” indicando “ad altri la fonte della vita,” fa venire in mente qualcuno?