June 27, 2007

La favola bella del Grande Comunicatore

Che Veltroni sia un grande comunicatore—qualunque sia il significato che attribuiamo a questa espressione un po’ abusata—è una di quelle bufale che solo in un Paese fatto per metà di buontemponi e per l’altra metà di pseudo-furbi poteva avere tanto successo. A me, il giorno dell’incoronazione veltroniana non ha “comunicato” nulla che anche vagamente potesse assomigliare alla malia di certi capi-popolo del passato. Non parlo di gente come Ronald Reagan e Bill Clinton, che pure nel genere anglo-americano rasentavano la perfezione, perché le barriere linguistiche e di cultura politica rendono poco praticabile ogni paragone diretto. No, parlo di leaders politici che hanno avuto qualche parte nella storia recente di questo Paese, e di cui, avendo all’incirca l’età del Nostro, io stesso ho potuto apprezzare in diretta l’arte oratoria. Al confronto di Veltroni, per dire, Amintore Fanfani era un Marco Antonio, Martelli una via di mezzo tra Gaio Gracco e Gerolamo Savonarola (vabbè …), Amato un perfetto Marco Tullio Cicerone, Andreotti un Demostene e Craxi un Mussolini un po’ più introverso e, ovviamente, molto, molto più Democrat nonché Liberal.

Lungi da me, comunque, qualsiasi intento denigratorio nei confronti del “Sindaco d’Italia,” anzi, se devo essere sincero, il Walter l’ho trovato quasi simpatico, e proprio per l’evidente emozione, per l’impaccio, addirittura, con il quale ha letto—grazie a un ”gobbo” elettronico dove le parole scorrevano un po’ più velocemente del dovuto—il suo “storico” discorso d’investitura.

E tuttavia, anche per quanto riguarda i contenuti, ben più importanti, l’impressione non è stata eccelsa. E’ stato chiaramente un discorso in gran parte piatto, molto attento a calibrare toni e concetti, a distillare con la massima prudenza una parolina più di destra e un’altra più di sinistra rispetto alle impostazioni tradizionali del suo partito, con l'evidente intento di dare l'impressione di proporre cose nuove ma rimanendo saldamente ancorato al vecchio (onde non incorrere nel tragico errore di buttare via l’acqua sporca con il bambino ...). Tanto che lo scadimento nell’ovvietà era quasi inevitabile. E infatti, ecco qualche battuta presa qua e là (accompagnata da qualche commento esplicativo):


«La ripresa economica non è né di destra né di sinistra» (Qui, nessun commento)


«Sarà il partito del nuovo millennio e della libertà, che sfiderà i conservatorismi di destra e di sinistra.» (Fantastico!)

«Vedo la tendenza all'illegalità diffusa, a difendere con i denti i grandi e piccoli privilegi. E vedo crescere uno stato d'animo di malessere, di stanchezza e pessimismo. Questi sono segni di un declino mentre l'Italia ha bisogno di crescita». (E vorrei vedere!)

«Bisogna combattere il vento dell'euroscetticismo.» (Vabbè, qui è una questione di opinioni.)

«Non si può però dire di no all'alta velocità se poi l'alternativa è il traffico che inquina e la qualità della vita che peggiora. Non si può dire no al ciclo di smaltimento dei rifiuti moderno ed ecologicamente compatibile e lasciare che l'alternativa siano le discariche a cielo aperto. Il nostro è l'ambientalismo dei sì». (Già, mi pare che su queste parole sacrosante proprio non ci piova. Ma in pratica, di grazia, che significano?)

«L'innalzamento dell'età anagrafica non è una disgrazia.» (E ci mancherebbe altro, sennò sai gli scongiuri in sala, data l’età media dei presenti?)

Contro l'«immobilismo sociale»: «Perché mai oggi un ragazzo non deve avere le stesse opportunità dei suoi coetanei inglesi?» (Già, sarà mica che la sinistra britannica è passata attraverso dieci anni di blairismo, mentre da queste parti …)

«Pagare meno, pagare tutti»: (nel senso che) «è realistica una riduzione delle tasse nei prossimi tre anni.» (Ora andiamo tutti a letto più tranquilli.)


«Nessuno definisca razzista un padre che si preoccupa di una figlia in un quartiere che non riconosce più […]. Ci vogliono più forze di sicurezza sul territorio in modo che i cittadini onesti possano avvertirne la presenza sul territorio». (Non dico che questo sia un ragionamento da Rifondazione comunista, però mi domando quanti padri rifondaroli di figlie femmine—e che non siano dei perfetti imbecilli—si risentirebbero per queste parole …)


«È ormai matura una profonda riforma della politica. […] La politica può essere diversa ma bisogna voltare pagina.» (Qui, però, Veltroni ha messo i puntini sulle “i” con un appello che non si può non condividere:)

«Facciamo in modo che non si formino più schieramenti contro qualcuno, ma schieramenti per affrontare le grandi sfide. Si può essere in disaccordo, senza essere nemici. Si può ammettere anche che l'altra parte possa avere avuto qualche volta una idea migliore». (Ed è piuttosto imbarazzante, per me, sottolineare che il pezzo del discorso che mi è piaciuto di più è in fondo il più «buonista»)


C’è, comunque, qualcosa di autenticamente nuovo e, per certi versi, rivoluzionario nel discorso veltroniano, vale a dire questa affermazione perentoria:


«Un partito moderno non può dirsi tale se non è composto per metà da donne.»
(Qualcuno, magari, mi spiegherà quali potrebbero essere le modalità «democratiche» di un arruolamento che in qualche caso potrebbe non essere del tutto spontaneo.)

Insomma, via, non è stato un granché come discorso. Né per i contenuti, né, tanto meno, per le forme. Verrebbe da concludere, come accennavo all’inizio, che la favola bella del Grande Comunicatore non ha retto alla prova del Lingotto. Però, attenzione: se persino a me, che un suo fan non lo sono mai stato, l’impaccio del leader ha fatto (un pizzico di) simpatia, un piccolo dubbio bisogna che me lo faccia venire: e se il fascino del comunicatore consistesse proprio nella sua mediocrità? Beh, allora, mettiamoci l’anima in pace: il Nostro ci avrebbe messo tutti nel sacco!

P.S.: Mai sottovalutare il diabolico compiacimento che la gente prova nel pensarsi governata da uno che, in fondo, non è migliore di noi, anzi, quasi quasi …