July 20, 2007

Tremonti e i valori

Ne avevo già accennato in questo post, riprendendo un editoriale del Foglio che a sua volta ne parlava. Parlo della “lezione sulla politica” tenuta il 14 luglio a Padova da Giulio Tremonti, nella sede della Scuola giovanile estiva di FI. Ieri l’altro, sullo stesso quotidiano, è stata pubblicata la trascrizione integrale della lezione ed oggi riesco a fare anch’io la mia parte di amanuense, ripubblicando il tutto nella dépendance di WRH.

Come dicevo l’altra volta, l’approccio mi sembra interessante. Anche se è soltanto un abbozzo di ragionamento sui massimi sistemi. Non è un’esperienza del tutto insignificante sentir pronunciare da Tremonti frasi come questa:

Non i valori dei banchieri centrali, ma i valori dei nostri padri spirituali.

Oppure come queste:

Non è la fine del mercato. Ma è la fine dell’idea che il mercato possa essere la matrice totalizzante esistenziale, la base di un nuovo materialismo storico. Il mercato è una parte, non è il tutto.

La nuova partita è iniziata in Europa con il dibattito sulle radici giudaico-cristiane: se inserirle – o no – nella nuova bozza costituzionale europea. La prima, e in qualche modo superficiale o parziale, interpretazione ha trattato questa partita come una partita tra Parigi e Roma. Tra Parigi, luogo tutelare dei “lumi”, e Roma, centro storico e spirituale. L’interpretazione più vasta e più profonda pare invece essere un’altra: non una partita tra Parigi e Roma, ma tra Londra e Roma. Al fondo, la lotta tra due visioni della società. Londra come base di irradiazione di una visione della società che, banalizzandosi nei consumi e di riflesso nei costumi, si identifica ed appiattisce sull’economia (l’idea dell’Europa-mercato).

[Leggi il resto]


Penso che Tremonti—che sembra essersi impegnato per prodursi in questa performance—meriti tutta l’attenzione di chi cerca di capire dove stiamo andando, o meglio dove sarebbe meglio andare a parare, e perché, in che modo e con chi. Il resto è cronaca. A risentirci tra qualche giorno.

July 18, 2007

Volontariato estivo (per Walter Tobagi)

Toh, qualcuno ha pensato bene di spendere un paio di giorni di volontariato per buttar giù qualcosa di sensato alla voce «Walter Tobagi» di Wikipedia. A occhio e croce il risultato testimonia se non altro la buona volontà di chi si è cimentato, ma non vorremmo allargarci troppo … ;-)

July 17, 2007

Pour l'Histoire

Più volte, negli ultimi tempi, sui media, vecchi e nuovi, sono rimbalzate notizie che avevano più le stigmate della Storia che le caratteristiche della cronaca, e questo malgrado una certa tendenza ad inflazionare alquanto l’aggettivo «storico», il che non aiuta di certo a distinguere correttamente tra i due reami. Ma ciò fa parte del gioco, e sarebbe grave abdicare al dovere, che anche nella blogosfera è avvertito, di chiamare le cose col loro nome—o almeno di provarci, con un minimo di onestà intellettuale—perché qualcun altro sta abusando di qualche sostantivo e aggettivo.

Ad esempio, il ragionamento—riportato dal Foglio di oggi—che Giulio Tremonti ha volto nel corso di una lezione tenuta a Padova, alla scuola giovanile estiva di Forza Italia, si fa carico della necessità di far emergere, nel dibattito politico odierno, elementi, stimoli e preoccupazioni che di solito la politica trascura, e ciò proprio perché la Storia non è esattamente di casa in quel dibattito. Tremonti sottolinea che occorre “portare a sintesi la profondità di una visione aggiornata della storia contemporanea e futura; introdurre materiali coerenti con il nuovo schema individuato”. E questo schema dice in sostanza che la battaglia delle idee non consiste nella pura e semplice contrapposizione fra modelli economici differenti, ma si gioca su un terreno nel quale si confrontano “visioni alternative della società,” chiamando in causa “la storia, i valori, lo spirito.”

Mi sembra un ottimo approccio. Ma torniamo alle notizie che, come suggerivo, sembrano avere a che fare più con la Storia che con la cronaca.

E’ «storico», ad esempio, lo sforzo di Benedetto XVI di raddrizzare i sentieri della cristianità, che in materia di «eclissi dei significati» non è sembrata granché all’altezza delle sfide, molto probabilmente in forza di un vistoso sbilanciamento tra la necessità che la Chiesa sia nel mondo e il dovere dei cristiani di non essere, tuttavia, del mondo, a vantaggio, naturalmente, della prima. Ogni volta che se ne è discusso, anche su questo blog e tra i blogs, del resto, mi è sembrata proprio questa l’impresa più ardua: distinguere tra ciò che è negoziabile e ciò che non lo è, in una prospettiva religiosa e nelle conseguenze che ne derivano per chi vi si riconosce.

In un’ottica analoga, ed è all’incirca un argumentum a contrario, si può dire che alla Storia debba essere ascritto anche il caso Buttiglione: episodio altamente rivelatore, emblematico, di una guerra che è stata dichiarata a quei credenti che “pretendono” di esercitare laicamente, ma senza rinunciare alla propria fede religiosa e a ciò che essa comporta, il diritto-dovere di fare politica. La distinzione tra «reato» e «peccato» è stata giudicata troppo capziosa per essere considerata accettabile in un Commissario europeo ... Ricordo di aver letto, a suo tempo, su un blog britannico e blairiano di prima grandezza, quello del giornalista e scrittore Stephen Pollard, non credente, un giudizio molto severo nei confronti dei “censori.” Pollard era sorpreso e indignato per ciò che si stava materializzando in Europa, né più né meno di quanto lo fosse un qualsiasi “cattolico non adulto” che si rispetti.

Il siluramento di Buttiglione, comunque, è servito quanto meno a chiarire come stanno le cose, e da questo punto di vista bisognerebbe esser grati a chi ha compiuto lo «storico» misfatto.

Ma, più recentemente e in ambito più specificamente politico, è il neoeletto presidente francese che ha fornito materia su cui riflettere. Sarko, difatti, ha scelto di mettere in qualche modo al centro della sua vittoriosa campagna elettorale il proposito di «tourner la page de mai 68», che è come dire “rimettiamo in discussione tutto,” perché il ’68 è carne della nostra carne e sangue del nostro sangue, ci siamo dentro tutti, anche coloro che hanno esultato all’idea perché hanno capito che tutto è cominciato allora. «“L’immaginazione al potere”—ha proclamato Sarkozy—è stato un magnifico cavallo di Troia». Per far passare cosa lo sappiamo bene: un assalto a tutto ciò su cui una società dovrebbe reggersi, a cominciare dalla religione, dal principio di autorità e dalle identità nazionali.

«Da allora non si può più parlare di morale in politica, ci hanno imposto il relativismo morale e intellettuale. Gli eredi del ’68 ci hanno detto che non c’è alcuna differenza tra bene e male, tra bello e laido, tra vero e falso, che l’allievo e il maestro si equivalgono, che non bisogna dare voti, che si può vivere senza una gerarchia dei valori».


Ci voleva coraggio per scegliere un simile terreno per il confronto elettorale. Sarko lo ha avuto e ha vinto. Chi ha orecchi per intendere intenda.

Tutto questo, e altro ancora, ci richiama alle nostre responsabilità civiche. Voglio dire che abbiamo il dovere di distinguere. Parliamo pure delle beghe partitiche, riferiamo, commentiamo, ironizziamo nello stile blogger, ma quando incrociamo la Storia drizziamo le orecchie, sintonizziamo le antenne, approfondiamo, e soprattutto scriviamo, senza imbarazzi. E prendiamo posizione. Anche a costo di condannarsi alla marginalità blogosferica. Perché l’auspicio, va da sé, è riferito a quanti non si identificano nel mainstream, mediatico o blogosferico che sia, non riconoscendosi nel «pensiero unico» che abbiamo imparato a conoscere bene. Chi “sta dall’altra parte,” invece, ha tutto l’interesse a minimizzare e relativizzare (of course …): è principalmente nella noia del gossip cultural-politico che la Storia viene solitamente camuffata da cronaca spicciola, ad esempio facendo passare gli appelli alla coerenza di un Pontefice per sordida propaganda politica, oppure, nella migliore delle ipotesi, per un protervo attacco alla laicità dello Stato.

Nella blogosfera, e in qualunque altro spazio pubblico di dibattito e di confronto, è soprattutto con la Storia che occorre misurarsi. Non possiamo lasciarci passare sotto il naso le occasioni che la cronaca ci offre.

July 14, 2007

Heidegger a colloquio

Heidegger non smentisce se stesso, neanche quando fa il verso a Platone, cioè in forma di dialogo o colloquio. E dunque spiegare qualcosa o cercare risposte gli interessa poco o punto, a vantaggio di un pensare che si mantiene nel libero interrogare. Ed ecco i Colloqui su un sentiero di campagna, scritti tra il ’44 e il ’45, ora tradotti da Adriano Fabris e Antonia Pellegrino e pubblicati da Il Melangolo (pagg. 234, euro 30). Li recensisce con una certa "eleganza" Alessandra Iadicicco sul Giornale di oggi, insinuando il dubbio (fondato) che il filosofo non abbia mai letto Shakespeare, in particolare quella battuta dell’Enrico IV (parte I, atto 2, scena 3) che,


con tono soavemente beffardo, col piglio leggero del bardo che andava cogliendo fior da fiore tra gramigne urticanti, avvertiva: «Ma io vi dico, signor mio idiota, che di tra quel cespo d’ortica, che è il pericolo, noi cogliamo quel fiore che è la salvezza».


Infatti il Nostro preferì citare a più non posso gli Inni di Hölderlin (quegli «orrendi inni superflui», come ebbe a definirli un impietoso Gottfried Benn), in particolare il motto secondo il quale «Là dov’è il pericolo/ cresce ciò che salva», che del resto, detto tra noi, non è niente male. Anche se Shakespeare, ovviamente, è un’altra cosa.

July 12, 2007

Etica, politica e diritto

E monsignor Gianfranco Ravasi, nel suo “Mattutino” odierno, su Avvenire, trovò un modo molto discreto per dar ragione a certe “fissazioni” di Benedetto XVI. Come al solito si comincia da una citazione:


L'etica, la politica e il diritto si possono bensì distinguere ma non disgiungere. Non esiste un’etica pratica, se non mediante le buone leggi e le buone amministrazioni.

Sono parole di un “filosofo e giurista di stampo illuministico,” Gian Domenico Romagnosi (1761-1835), tratte da un saggio intitolato L’associazione dell’etica, della politica e del diritto. Il commento va subito al cuore della questione:

Si tratta del rapporto tra etica e politica, un nesso che il pensatore definiscecon due verbi significativi «distinguere ma non disgiungere». Per certi versi ritorna il celebre motto evangelico del «dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio».Da un lato, infatti, la moneta - come ricorda Gesù - reca l’immagine di Cesare: esiste, dunque, un’autonomia nella politica, in alcune sue scelte e percorsi, così da impedire ogni forma di teocrazia per cui trono e altare si fondono e confondono. D’altro, lato, però, l’uomo che è il termine capitale di riferimento della politica è «immagine di Dio»: ci sono, quindi, valori che superano la mera gestione sociale e che sono indisponibili perché trascendenti. È qui che scatta l’etica con le sue norme che tutelano la dignità della persona, la giustizia, la vita, la libertà. Il cristiano entra, perciò, nella società e vive queste due dimensioni che sono da distinguere ma non da
disgiungere, creando tensioni o alternative.

A scanso di equivoci, il monsignore sottolinea che, “certo, si tratta di un incontro delicato, da vivere senza prevaricazioni ma anche senza cedimenti.” Ma sulle prevaricazioni non c’erano dubbi, e forse è persino superflua qualsiasi sottolineatura, mentre sui cedimenti, diciamolo pure, repetita juvant.

July 11, 2007

Decidere.net

Firmare non lo firmo, perché mi pare troppo o troppo poco, a seconda dell’angolo visuale da cui ci si pone. Un link lo metto più che volentieri, perché se non si premiano e non si scommette sulle buone intenzioni—quando sono correttamente manifestate e portate avanti—non si fa nessun passo avanti. Gli auguri glieli faccio di cuore, perché c’è bisogno di iniziative che vadano al di là di rigide contrapposizioni precostituite (di schieramento e non solo): Decidere.net.

Se Melloni attacca il Papa avra' le sue ragioni ...

Lo storico cattolico Alberto Melloni attacca duramente, attraverso Il Riformista, il Motu Proprio di Benedetto XVI che stabilisce la libertà dei fedeli di chiedere ai propri parroci (e non più ai vescovi) la celebrazione della messa in latino, quella "spalle al popolo" che si avvale del Messale di san Pio V rivisto nel '62. Liberissimo di farlo, naturalmente, del resto la decisione del Papa è di quelle che lasciano il segno, e dunque non possono piacere a tutti. Quel che lascia perplessi, però, è la scelta delle argomentazioni. In particolare queste (di seguito, le mie considerazioni):


«Secondo me il papa ha agito come uno di quei professori del liceo che quando ha di fron­te dei casi "disperati", decide di dare loro un 6 politico per promuoverli nonostante non se lo meritino. Ecco, il papa col Motu Proprio dell'al­tro giorno ha voluto dare ai lefebvriani un 6 po­litico in liturgia: promossi nonostante tutto».

E chi lefebvriano non è mai stato, come il sottotoscritto, e ciononostante condivide la decisione del Pontefice? E’ totalmente irrilevante?

«Il concilio di Trento volle andare contro il soggettivismo e il relativismo propri del protestante­simo ma oggi, tornando al rito tridentino, è proprio il relativismo (il fatto che ognuno possa partecipare alla messa che vuole) che viene messo in campo. Quanto al Vatica­no II, poi, credo che Ratzinger contraddica in questo modo la lettura che egli diede nel fa­moso discorso del 22 dicembre 2005. Qui parlò della necessità di leggere il Vaticano II in continuità con la tradizione passata e non come una rottura, ma chi ha tradito la Chiesa e quindi ha creato una frattura sono stati pro­prio gli scismatici lefebvriani, mica altri».

Come sopra. Inoltre, appunto, a chi lefebvriano non è mai stato, ecc., ecc., non sembra che il tradimento di Lefebvre sia una ragione sufficiente per non consentire al credente di scegliere liberamente a quale messa assistere. Sul “relativismo” ogni commento mi sembra superfluo.

«Diciamolo chiaramente: è grazie al Vaticano II che la fede ha potuto con­tinuare a essere trasmessa. È grazie alle messe celebrate magari con tanto di "schitarrate" strampalate, con le chiese illuminate da neon "da Ipercoop" e in luoghi dall'architettura for­se non proprio ortodossa, che quella poca fede che è rimasta nel popolo è stata salvaguardata. Cosa hanno fatto, invece, gli scismatici lefebvriani per la fede della Chiesa? Poco o niente. E adesso che il papa concede loro questo Motu Proprio ecco che ri­spondono con un comunicato come se avessero ottenuto una vittoria do­po anni di resistenza e di lotta».

Come sopra. Inoltre, a chi di Lefebvre non può importare di meno e cinonostante ecc., ecc., potrebbe invece interessare, e molto, capire in forza di che cosa Melloni può affermare che “la fede ha potuto con­tinuare a essere trasmessa” grazie alle messe celebrate a suon di schitarrate, ecc. Comunque, diciamolo francamente, se Melloni ha maturato un convincimento così netto avrà sicuramente le sue ragioni, magari molto soggettive. Forse così soggettive da non poter essere facilmente condivise né adeguatamente spiegate.

July 9, 2007

Pd: modello bizantino

Un altro aggiornamento telegrafico: sul Corriere di oggi Angelo Panebianco torna sul Pd e conferma tutta la sua insoddisfazione e le sue critiche per il modo in cui il nuovo partito sta per nascere.

July 8, 2007

Le rose che non colse (neanche lui)

Solo un rapido aggiornamento su Pd e Veltroni per informare i lettori più affezionati di WRH che avessero perso questa ricostruzione puntuale—scritta da Luca Sofri per Il Foglio di giovedì scorso—dello stato dell’arte in materia, inclusi commenti e considerazioni personali dell’autore. Sofri Jr riprende, sviluppa e argomenta con una certa (encomiabile) pignoleria la tesi di Angelo Panebianco (Corsera del 3 luglio) sul “partito feudale.” Assolutamente da non perdere.

July 6, 2007

Summer Edition

Come da un paio d’anni a questa parte, più o meno in questo periodo, il blog entra in una fase vacanziera, un tempo nel quale ci possono essere pause più o meno prolungate. Del resto è qualche giorno che è già così, anche se mi è mancato il tempo—e forse pure l’estro—di annunciarlo con questa comunicazione di servizio.

E’ presumibile che anche i post risentano di questo clima, soprattutto per quanto riguarda gli argomenti. Ma molto dipende da quel che passerà (o non passerà) il convento politichese, che d’estate a volte riserva qualche “sorpresa” (le virgolette non sono affatto pleonastiche) e ti richiama alla malinconica realtà dei suoi eterni balletti e alle più svariate tipologie di performing arts che conosciamo a memoria, tanto che quasi possiamo prevedere con incredibile precisione, se non ciò che accadrà, come quel che ci capiterà avrà il cattivo gusto di manifestarsi …

Per quanto potrò, comunque, io farò finta di niente, e cercherò di occuparmi d’altro, cioè di quegli argomenti che di solito, per quanto obtorto collo, sono costretto a trascurare. Non per niente, questa altro non è che la Summer Edition di un blog, ahinoi, solitamente troppo serioso. A presto.

July 2, 2007

'Gospel Show'

Do you enjoy listening to both Gospel and Country music? Well you are in the right place at the right time! At their special "Gospel Show," Johnny Cash and June Carter are singing together "He turned the water into wine," written by Johnny himself for his 1973 movie about the life of Jesus, The Gospel Road, and some other songs. The show followed the couple’s lifelong dream journey through the Holy Land.