March 28, 2007

Ha perso soprattutto Prodi

Sarà anche come scrive Fausto Carioti, cioè che con il voto del Senato sulla missione italiana in Afghanistan quelli che hanno perso sono i nostri soldati. Ma io qualche dubbio ce l’ho. Non che sia convinto che per i militari italiani il voto sul rifinanziamento possa essere considerato un premio al loro impegno, questo no, piuttosto a me pare che, se proprio dobbiamo individuare lo sconfitto per eccellenza, questo non possa che essere il governo Prodi. Cioè un governo senza maggioranza, su una questione cruciale come questa, in uno dei due rami del Parlamento.

I politicismi che vanno per la maggiore possono fornire tutti gli argomenti che vogliamo a chi vuole arrampicarsi sugli specchi. Anche il Senatore Lino Jannuzzi—che pure non è un virtuoso di questa spericolata disciplina politico-sportiva—può fare tutte le dichiarazioni del mondo, e magari segnare anche qualche punto a suo favore nel denunciare gli “errori politici” della sua parte. Ma il dato che a me sembra emergere con prepotente evidenza è che un governo che sopravvive grazie ai senatori a vita e ai calcoli di qualche oppositore, semplicemente non può non prendere atto di essere arrivato al capolinea.

In questo senso non credo si possa parlare neppure di sconfitta del centrodestra. L’opposizione, semmai, ha mostrato che il re è nudo. Ma lo strappo di Casini? Beh, innanzitutto il leader dell’Udc non ha rafforzato il governo, al contrario: in qualsiasi paese democratico dell’Occidente la flebo praticata dall’Udc al governo—esibizione pubblica di una carità alquanto pelosa—sarebbe considerata un’umiliazione inaccettabile. Casini è riuscito semplicemente a smarcarsi intelligentemente da Berlusconi. Ha fatto il suo gioco, non certo quello di Prodi. A meno che domani stesso egli non si dichiari pronto ad entrare nella maggioranza, cosa di cui mi permetto di dubitare fortemente (e su cui nessuno con un minimo di sale in zucca oserebbe scommettere un solo centesimo). Inoltre, a Casini non si può imputare alcun tradimento, al contrario: ha mantenuto il punto rispetto ad una missione che è nata anche con il suo concorso. Posizione difendibilissima di fronte al proprio elettorato.

Per quanto riguarda gli altri partiti dell’ex CdL, d’accordo, non si può parlare neppure di vittoria: la “spallata” non c’è stata, il governo è salvo (si fa per dire), l’Udc è andata per la sua strada, Berlusconi è infuriato, … insomma si torna a casa con le pive nel sacco. Ma, appunto, adesso è chiarissimo che gli avversari hanno le gomme a terra e non possono andare da nessuna parte. Ma la CdL—si è obiettato da tutte le parti, Casini compreso—ha tradito se stessa! Mica vero: sono mutate le circostanze, bisognava impegnarsi (come recitava l’ordine del giorno proposto dal capogruppo forzista Renato Schifani, respinto dall’aula)


«a dotare, in tempi brevi, i nostri militari di armi di difesa attiva, come ad esempio veicoli di massima blindatura, elicotteri, postazioni predisposte per il tiro, armamenti e apparecchiature per attivare la reazione immediata in caso di attacco, procedure di intervento e contrasto in caso di violazione delle zone perimetrali, al fine di garantire adeguati strumenti che consentano di fronteggiare eventuali scontri, eliminando così quanto più possibile il rischio della vita dei soldati».

Posizione sensata, e difendibilissima anche questa. Dunque, ha ragione Jannuzzi, ma solo in apparenza. Nella sostanza Berlusconi e i suoi non ne escono affatto male.

La prova del nove di quanto sopra sostenuto è che l’Udc ha chiesto oggi stesso di poter incontrare il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Con questa motivazione (dichiarazione di Lorenzo Cesa, segretario dell'Udc, al termine dell' ufficio politico del suo partito):


«L'Udc ritiene doveroso conferire con il presidente della Repubblica in ordine alla situazione che si è determinata ieri al Senato durante il voto per il rifinanziamento delle missioni militari di pace».

E con lo scopo dichiarato di dire al Presidente (dichiarazione del Senatore Mario Baccini a margine dell'ufficio politico del partito)

«che questo governo è politicamente finito. […]Al capo dello stato non chiederemo elezioni anticipate, la nostra proposta è quella di un governo di salute pubblica che vari una nuova legge elettorale per evitare che in Italia ci siano ancora 24 partiti, con uno sbarramento del 5%, di ispirazione proporzionale ... e che sia in un quadro bipolare».


Poco dopo, la Reuters ha informato che è arrivato il sì dal Quirinale: una delegazione dell'Udc è stata convocata dal presidente Napolitano alle 18 per un incontro con il presidente.

Fukuyama: per un nuovo multiculturalismo

Prima che sia troppo tardi, una segnalazione che avrei voluto fare ieri: l’intervento di Francis Fukuyama su Avvenire (di ieri, appunto). Il succo del ragionamento è questo: qui in Europa tendiamo a concepire il multiculturalismo come un contenitore di culture separate, ciò che Amartya Sen definisce «pluralità di monoculturalismi». Ebbene, questo modello è sostanzialmente fallito e bisogna sostituirlo con qualcosa di nuovo. Fukuyama propone un percorso, ma soprattutto ci ricorda qualcosa che sembriamo aver dimenticato:


La civiltà dell'Illuminismo europeo, di cui la democrazia liberale contemporanea è erede, non può essere culturalmente neutrale, poiché le società liberali coltivano determinati valori riguardo alla pari dignità e all'eguale valore degli individui. Le culture che non accettano tali premesse non meritano pari tutela in una democrazia liberale. I membri delle comunità di immigrati e la loro prole meritano un pari trattamento come individui, non in quanto membri di comunità culturali.