May 7, 2007

E' nata la Right Europe

E’ un redde rationem, la vittoria di Sarko, che è solo ai suoi primi passi. Lo è perché il nuovo presidente è un uomo colto che ha saputo spiegare bene ai francesi che cosa sarebbe successo se lui avesse vinto. E per farlo si è affidato non solo a programmi, dati e cifre, ma anche a simboli. Uno di questi—il più importante, credo—è il Sessantotto: naturalmente «da liquidare», come lui stesso non si è peritato di esprimersi.

Come un rude guerriero della politica, ha scelto quel mito, che è stato, e in parte è ancora, uno spartiacque tra un «prima» e un «dopo» che, se si incontrassero per strada un po’ soprappensiero, farebbero fatica a riconoscersi carne della stessa carne e sangue dello stesso sangue. Insomma, mica una faccenda da poco prendere di petto il Sessantotto. Uno glissa, per lo più, perché dentro ci siamo tutti, anche quelli di destra-destra, quanto a modi di pensare e di vivere, di vestirsi e di parlare, di divertirsi e di pregare (o di bestemmiare). E dunque, la sfida, a voler essere—per dirla à la Giuliano Ferrara—radicali e conservatori, era, è, proprio lì. Sarko, uomo di studio oltre che d’azione, l’ha capito, ci ha scommesso, e ha vinto. Per questo la Francia, e probabilmente l’Europa intera, non sarà più la stessa, dopo questo 6 di aprile. Il redde rationem è appena cominciato, la Right Europe, versione giustamente e doverosamente riveduta e corretta della Right Nation americana, ha emesso il suo primo vagito. Dopo molti segni premonitori, per altro, tra i quali quelli che hanno solcato i cieli d’Italia in questi anni.

E’ in un'analisi di Barbara Spinelli—che è tutta da leggere, magari per condividerla solo in parte, come spesso capita a me, per esempio, con le cose che scrive la succitata—che ho trovato la definizione più acuta e intrigante del personaggio Sarkozy. Homo novus, scrive la Spinelli, ma questo dice ancora troppo poco. In realtà c’è una caratteristica che lo rende unico, e vincente in una maniera a sua volta molto, molto singolare:

È come se la meta per lui fosse una necessità, se non un'avversità. Si può predisporre un destino politico con lo stesso spirito con cui si vive monaci nel deserto o si traversa un dolore. Non a caso c'è una parola, singolare per la cultura politica francese, che Sarkozy usa spesso quando racconta la propria pluriennale conquista: ascesi, che letteralmente vuol dire esercizio spirituale e fisico fatto di isolamento, preghiera, meditazione, perfezionamento e volontà ferrei. La parola araba è gihàd.

Ecco, appunto, qualcosa come un’ascesi è appena cominciata. Poi, chiamiamola pure come ci pare.