August 1, 2007

Lasciatela stare

Una decina di giorni off-line per me, e di cose, sotto il cielo, ne sono successe. Si fa per dire, ben inteso, perché di fatto non è che sia accaduto chissà cosa: solo le solite, arcinote, beghe politichesi e giudiziarie. Ma, insomma, di questo viviamo e di questo dobbiamo accontentarci, e per giunta senza fare troppo gli snob, perché le parole, anche se abusate, gonfiate e rigirate, quando sono prese sul serio da chi detiene anche un briciolo di potere, possono diventare una prigione dalla quale gli stessi potenti, e purtroppo anche i senza-potere, non riescono più ad evadere.

Così è successo che una celebre gip, Clementina Forleo, si è presa—a giudizio di qualcuno—qualche libertà lessicale di troppo e che di conseguenza mezzo Parlamento e—udite udite—parecchi magistrati (nel silenzio dell'Anm), gliene hanno dette di tutti i colori. Ma questo è il meno (nel senso che, date le circostanze e le parti in causa, era praticamente scontato), dal momento che lo stesso Capo dello Stato, nella sua qualità di presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, ha bacchettato la meschina e il ministro della Giustizia ha incaricato i suoi uffici di acquisire l’ordinanza, a causa di una sua presunta «singolarità». Al che il presidente emerito Francesco Cossiga ha bacchettato a sua volta il Guardasigilli, ravvisando una «pesante interferenza».

Infine, colpo di scena: Silvio Berlusconi ha deciso di andare a soccorrere le presunte vittime della perfida Clementina. La quale, giova ricordarlo, finora non si è distinta soltanto per la controversa distinzione tra terrorismo e guerriglia, dal momento che una volta ha fatto spellare le mani a qualche centinaio di avvocati riuniti a convegno, ai quali, a sorpresa, dichiarò di essere favorevole alla separazione delle carriere nella magistratura. Il che, come minimo, non contraddice affatto le definizioni di se stessa che la succitata propone in privato agli amici: «Non sono al servizio di nessuno» e «Sono soggetta solo alla legge». E non contraddice per niente la sua definizione del magistrato in quanto tale:
«Un magistrato, a differenza di un politico, non deve conoscere la mediazione e il compromesso. A meno che non voglia fare altro, a meno che non voglia venire meno ai suoi doveri costituzionali».

Tornando al punto, diciamo che, se tutto l’affaire è alquanto complicato, un paio di concetti dovrebbero risultare chiari a chiunque si sforzi di guardare a queste vicende con un minimo di obiettività:

a) in primo luogo, Clementina Forleo non c’entra nulla né con l’ideologia, né con i complotti e le manovre (politiche, mediatiche, ecc.) che pure, volendo, si possono intravedere qua e là, nella tempistica degli eventi, nelle dichiarazioni e nei proclami pubblici di questo o quel capo e capetto, e nella gestione delle notizie;

b) in secondo luogo la gip di Milano non ha fatto o scritto nulla che fosse men che ineccepibile dal punto di vista delle prerogative e dei limiti che la legge—pur con tutte le sue imperfezioni e i suoi pasticci—prevede per chi esercita la funzione di giudice per le indagini preliminari. In particolare non possono esserci dubbi che al gip sia comunque prescritto l’obbligo di segnalare possibili indagati non ancora iscritti come tali e possibili reati Ma questa non è solo l’opinione di Clementina Forleo: la pensa esattamente allo stesso modo il principe dei “proceduralisti” italiani, Franco Cordero (la Repubblica del 25 luglio scorso).

Dopodiché può benissimo aver ragione (di nuovo) Francesco Cossiga, sia quando rinfaccia a Mastella di essere in «netta contraddizione» con le linee guida seguite dalla «controriforma giudiziaria» appena approvata dalle Camere, sintetizzabili nel concetto che «i magistrati hanno sempre ragione», sia quando sostiene che l’ascesa di Walter Veltroni «è il frutto della pubblicazione di quelle telefonate» di D’Alema e Fassino.

E può aver ragione anche Lino Iannuzzi, che in una lettera pubblicata ieri sul Foglio sottolinea che «il paradosso della situazione» è che l’unica possibilità che il partito di Fassino non si dissolva e sparisca con esso la seconda Repubblica è affidata a Silvio Berlusconi,


che è rimasto l’unico a dire no. Berlusconi, il trionfatore dell’antipolitica, è rimasto l’unico a difendere la politica. La difende contro l’urto della magistratura anche contro i suoi alleati, e persino contro le sue televisioni e i suoi giornali e una buona parte dei suoi parlamentari e dei suoi stessi elettori. Perché questo ha di singolare, e l’ha avuto dal primo momento, l’antipolitica di Berlusconi, questo nocciolo duro del garantismo che la contrappone inesorabilmente al giustizialismo, che è la vera madre di tutte le antipolitiche, ma non della sua.

Quel che non mi è chiaro, semmai, è cosa diavolo c’entri—ammesso che qualcuno pensi davvero che un link ci sia—Clementina Forleo con tutto questo.

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