March 16, 2007

Ma Lui è venuto a portare la spada

Tutto si tiene, sempre. Vuoi capire il senso di un avvenimento? Devi possibilmente analizzare a fondo e afferrare il significato di quello che viene prima, che sta accanto, dietro, sopra, sotto. Cogliere analogie, contiguità (anche contingenti, o, più spesso, solo apparentemente tali), rapporti, nessi di causa-effetto, e via dicendo. Va a capire, ad esempio, perché proprio adesso si legge una notizia come quella che campeggia sui giornali di oggi: basta porno in tv 24 ore su 24! Sì, proprio adesso, e perché non una settimana, un mese, un anno fa? Naturalmente chiunque provasse a rispondere verrebbe contestato e zittito, perché non può esserci una risposta univoca, buona per tutti. Capita agli storici, capita ai cronisti (e ai filosofi, ai semiologi, agli antropologi culturali, ecc.): il “conflitto delle interpretazioni” è sempre dietro l’angolo, è perfino necessario e salutare. E’ semmai il “silenzio delle interpretazioni” che dovrebbe preoccuparci! Mentre il gossip, quello no, non lo tacita nessuno, né, men che meno, si auto-censura, sia pure per una buona mezzora filata.

Vabbè, dove voglio andare a parare? E’ imbarazzante, lo ammetto …, ma vorrei tornare sull’Esortazione del Papa e prenderla di lato, un po’ a tradimento. Adesso qualcuno starà pensando: hai visto mai che vuol stabilire una relazione di causa-effetto tra il discorsetto ratzingeriano e il giro di vite sul porno? Tranquilli, non ci penso neppure, non voglio stabilire un bel niente. Però, però un dubbio, un sospetto magari sì, quello vorrei insinuarlo, perché si sa, la vita è una foresta di simboli, e allora, se prima citavo il titolo del capolavoro di Paul Ricoeur, ora citerò il motto che ne costituisce il Leit-Motiv: le symbole donne à penser. E allora pensiamo: che senso ha questa svolta epocale—perché tale è, sia ben chiaro—in materia di comunicazione, intrattenimento e pubblicità? Non vuol dire, per caso, che siccome la pornografia è male, a tutte le ore del giorno e della notte, occorre vietarla o quanto meno limitarne la diffusione esclusivamente a trasmissioni criptate? Personalmente direi di sì. Ebbene, passiamo all’Esortazione. Breve, chiara, inequivocabile, come si diceva. Il senso? Butto lì: ci sono principi non negoziabili, c’è il bene e il male, ci sono cose che sono buone e cose che sono cattive: la Chiesa sta con le une e contro le altre. E pretende che chi in essa si riconosce si regoli di conseguenza, soprattutto se ha responsabilità politiche.

Si può vedere un nesso tra i due eventi? C’è libertà di interpretazione, naturalmente. Ma se l’Autorità per la Garanzie nelle Comunicazioni è arrivata a questa decisione, e se la motivazione è quella che suggerivo prima, forse il nesso c’è: (mia interpretazione) è forse arrivato il tempo della chiarezza. Non qualsiasi comportamento—in materia di morale e costumi sessuali—è lecito, non tutte le scelte si equivalgono, anche se non si è in presenza di violazioni del codice penale e si resta nei limiti di un civile rispetto delle libertà individuali.

Naturalmente c’è chi non è d’accordo con la decisione dell’Autorità, e il suo dissenso va rispettato. Il problema è che prima poteva succedere che un ragazzino o una ragazzina potesse assistere a spettacoli di una oscenità e di un cattivo gusto al di là di ogni immaginazione. Ora non più.

A questo punto uno si potrebbe domandare se una Chiesa più martiniana (ascolto della gente, dialogo) e meno ratzingeriana e ruiniana (riaffermazione di “principi non negoziabili”) avrebe mai potuto generare un humus favorevole alla chiarezza che oggi si comincia a respirare. Io ne dubito, con tutto il rispetto che il cardinal Martini merita, con tutte le ragioni che bisogna riconoscergli—che senso avrebbe una Chiesa incapace di ascolto e di dialogo? Anche se—attenzione, prego!—è lo stesso cardinale che, per esempio, dice di «non credere molto nel dialogo interreligioso», perché «ciascuna religione è un po’ incasellata nel suo schema, e gli schemi si ripetono», e tuttavia c’è «un livello di verità delle parole che vale per tutti, credenti e non, e in cui tutti si sentono coinvolti e parte di una responsabilità comune» (sul Corriere di oggi, non online). Sembra di sentire Benedetto XVI. Già, perché in fondo la differenza tra i due, se c’è, non è sostanziale, è politica. Nel senso che Ratzinger “fa politica,” Martini no. Il primo calcola le conseguenze che il suo magistero può avere sulla società, il secondo si preoccupa soprattutto delle anime. Il primo parla di Gesù, il secondo anche, ma tenendo d’occhio l’Anticristo che incombe minaccioso. Uno è un costruttore di pace, l’altro sta portando nel mondo una spada.

Ehi, l’ho nominato, non ho potuto evitarlo, e adesso devo renderne conto, sia pure obtorto collo, ché sarei allergico agli escatologismi (a buon mercato). Il fatto è che ieri Il Foglio ne parlava in un intero paginone, ed io, per i cultori del genere letterario, ho dato asilo al tutto in un posto sicuro e tranquillo. Ne parlava, Il Foglio, come si conviene, cioè con le parole di Solov’ëv, il filosofo russo che nell’Ottocento ne profetizzo la venuta e ne descrisse il tratto e il programma: pacifista, animalista, ecologista, ecumenista, spiritualista. Uno che crede persino in Dio, ma non in Gesù Cristo, cioè in colui che “ha portato la spada,” mentre lui dice di sé “io porterò la pace,” non nel Cristo che “col suo moralismo ha diviso gli uomini secondo il bene e il male,” mentre lui li unirà “coi benefici che sono ugualmente necessari ai buoni e ai cattivi.”

Ecco, direi, qual è il punto. Dividere gli uomini secondo il bene e il male. Ovvio, perfettamente legittimo dubitare che il bene secondo Ratzinger sia il bene secondo Dio (o secondo gli uomini) e il male sia il male, e via discorrendo, e che debba esserci qualcosa che si possa definire come il Bene (o il bene). Ma da un Papa cosa ci si può aspettare? Evidentemente che chiami le cose con i loro nomi, cioè come a lui è stato tramandato che debbano chiamarsi. E se a un certo punto si intravede lo sfavillio di una spada dovremmo forse scandalizzarci? Dovremmo, noi cristiani, sacrificare tutto alla “pace” e deporre la spada? No, certamente, se la pace è quella cosa di cui parla l’Anticristo solovëviano e la spada è quella che Gesù Cristo è venuto a portare, perché, come Solov’ëv fa dire ad uno di quei pochi che ancora si oppongono al nuovo Padrone del mondo,

«C’è […] la pace buona, la pace cristiana, basata su quella divisione che Cristo è venuto a portare sulla terra precisamente con la separazione tra il bene e il male, tra la verità e la menzogna; e c’è la pace cattiva, la pace del mondo, fondata sulla mescolanza o unione esteriore di ciò che interiormente è in guerra con se stesso.»

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P.S.: Fa piacere che, ogni tanto, anche sul versante “laico” si riconosca a un Papa il diritto di richiamare “i suoi” a un minimo di coerenza. Segno, a mio avviso, che c’è ancora speranza che la franchezza venga accolta come un pregio, e non come un difetto, anche in un Paese che è maestro nell’arte di eludere gli aspetti sostanziali delle cose per rifugiarsi in comode rendite di posizione. Una lettura caldamente raccomandata.

9 comments:

  1. Rob, hai letto la mia rece di Ipotesi su Gesù? Ci troveresti un po' di discorsi familiari! :-)
    La trovi qui.
    Ciao!

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  2. Se leggi la recensione di Ismael, non trascurare i commenti, specie quelli di un certo "Zamax", che a parte la megalomania, sono a mio modesto parere piuttosto interessanti.

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  3. Ok, appena posso vado a vedere post e commenti "disinteressati," ma abbiate pazienza, sono giorni in cui riesco a trovare il tempo di leggere e scrivere soltanto a notte inoltrata ... Ciao.

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  4. Caro Wind,
    proprio oggi che leggo il tuo post Repubblica pubblica un sondaggio dal quale risulta che gli italiani sarebbero d'accordo con Ratzinger. Poco meno della metà considera il divorzio immorale, il 60% considera immorale l'omosessualità. Sembra quindi che la Chiesa sia maggioranza, altro che una piccola barchetta nel mare in tempesta del relativismus!
    Peccato che quando dalle opinioni si passi ai fatti, l'Italia cattolica (l'Italia, secondo il sondaggio) riveli che quel che è amuentato, durante il pontificato di B16, non è la moralità ma il moralismo. Ci si comporta sempre più secondo una morale (i politici insegnano) e se ne predica un'altra, che si vorrebbe appioppare agli altri, magari anche per legge.
    Questo mi porta all'appello alla coerenza del Santo Padre. Spiegato nei seguenti termini: il cattolicesimo non è fatto meramente privato, ma si deve esprimere nelle funzioni pubbliche che il singolo è chiamato ad esercitare. Ma ti chiedo, il comportamento privato è o non è la base, il fondamento della coerenza di un (politico) cattolico? Invece, sembra indice sufficiente di 'coerenza' il votare leggi concordi al magistero anche se contrarie alla propria condotta. Bella coerenza, poffarbacco!
    Qui entra in gioco forse un aspetto importante della morale laica. Per un laico, l'incoerenza deve essere giustificata moralmente e nei limiti del possibile vi va posto rimedio. Per un cattolico, forse, basta appellarsi al Peccato originale e confessarsi, onde poi eventualmente peccare ancora. Sicché ogni momento fra il peccato e l'assoluzione interrompe l'obbligo di coerenza. Per noi, no. Lo troviamo troppo comodo. Lassista, fors'anche relativista ;-) giacché spinge a vedere ciascuno spezzettato nel tempo in tanti sè, ciascuno ingiudicabile fino alla fine dei tempi.
    Per noi laici, se Casini vota a difesa della Famiglia, quindi, è semplicemente un ipocrita. Per il papa è invece coerente. Ma puta caso votasse contro la Chiesa, potrebbe sempre confessarsi.
    Tutto ciò mette capo all'Italia descritta da Repubblica, l'Italia cattolica in cui ciascuno pecca e tutti rampognano. Un'italia piena di pagliuzze e senza travi. Un'Italia da anni Cinquanta, in cui la pornografia (che io ritengo assai deleteria) è vieteta in televisione tanto ne è pieno Internet e i canali a pagamento. O in cui a una donna single non si può affidare un orfano mentre a persone che hanno fatto voto di castità sono affidati bambini e adolescenti, senza che mai succeda niente di spiacevole.
    E Cristo?
    Forse si è fermato a Betlemme.

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  5. Caro Return, nel tuo ragionamento ci sono passaggi nei quali è semplice trovare agganci per replicare e passaggi che concernono questioni sulle quali solo un teologo moralista potrebbe dire qualcosa di minimamente approfondito e accettabile da un punto di vista “dottrinale.” Però, siccome capisco lo spirito con il quale sollevi i problemi che sollevi, vedo di esprimere—avvalendomi di un po’ di buona volontà e di una certa sfrontatezza, ché teologo moralista non sono, ahimè—qualche opinione personale.

    Cominciamo dal facile. Tu scrivi:
    ”Ma ti chiedo, il comportamento privato è o non è la base, il fondamento della coerenza di un (politico) cattolico?

    Assolutamente sì. Poi, però, aggiungi:
    ” Invece, sembra indice sufficiente di 'coerenza' il votare leggi concordi al magistero anche se contrarie alla propria condotta. Bella coerenza, poffarbacco!
    Se così fosse, se cioè quella che dici fosse l’interpretazione da dare alle esortazioni papali, non sarei affatto d’accordo. Votare così o cosà non basta. La coerenza personale-comportamentale è imprescindibile. Magari si tratta di distinguere tra situazioni occasionali e “permanenti.” Ad esempio, io non so se Casini possa essere considerato un “ipocrita” (non mi permetterei mai di giudicarlo, e credo che neppure tu, al di là della vis polemica, intenda farlo), so però che lui, in forza della sua situazione familiare, non può essere la persona più indicata a rappresentare politicamente i cattolici. Comunque, dicevo “se così fosse.” Ma così non è. O almeno non vedo in forza di che cosa si possa affermare che il significato del documento del Papa sia quello che tu sembri attribuirgli.

    Passiamo al difficile. Tu scrivi:
    “Qui entra in gioco forse un aspetto importante della morale laica. Per un laico, l'incoerenza deve essere giustificata moralmente e nei limiti del possibile vi va posto rimedio. Per un cattolico, forse, basta appellarsi al Peccato originale e confessarsi, onde poi eventualmente peccare ancora. Sicché ogni momento fra il peccato e l'assoluzione interrompe l'obbligo di coerenza. Per noi, no. Lo troviamo troppo comodo.

    Meno male che dici “forse.” Ebbene, il peccato originale, e dunque l’insuperabile «fallibilità» umana, c’entra sicuramente, ma ciò non significa che la soluzione “troppo comoda” che tu giustamente denunci sia tollerabile e men che meno che sia la regola. Qui, appunto, ci vorrebbe un teologo moralista, ma per amore di dialogo ti rispondo attingendo alle mie precarie cognizioni in materia. E ti dico che la cosa non è così semplice. Il pentimento—mi esprimo un po’ rozzamente, e se un teologo mi legge chiedo venia …—deve essere profondo e sincero, ma, se lo è, uno non dovrebbe ricascare in continuazione nel medesimo peccato. Se la ricaduta è frequente e quasi scontata vuol dire che forse il pentimento non è sincero. E se il pentimento non è sincero, davanti al Padre Eterno l’assoluzione non è valida (perché il confessore è stato ingannato). L’assoluzione dello stesso sacerdote (oltre a quella di Dio), inoltre, non è assicurata nei casi di evidente, colpevole “recidività.” Inoltre c’è peccato e peccato: ammazzare la gente non è la stessa cosa che bestemmiare o cedere all’invidia, ecc., ossia ci sono comportamenti che richiedono una deliberata volontà e comportamenti che sono meno consapevolmente controllabili, ecc.

    Quato all'”Italia cattolica in cui ciascuno pecca e tutti rampognano. Un'italia piena di pagliuzze e senza travi,” non posso che concordare. Tuttavia, se posso aggiungere una coda un po’ cinica, un po’ perfida alla tua e alla mia legittima indignazione dinanzi all’ipocrisia, vorrei ricordare ciò che il grande La Rochefoucauld pensava di questo grave difetto: "L’Ipocrisia è l’omaggio che il vizio paga alla virtù." Un modo per apprezzare il fatto che il bicchiere mezzo vuoto è pur sempre un bicchiere mezzo pieno. Ciao

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  6. interessante questo tuo punto di vista, e anche il sondaggio di Repubblica... ciao!

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  7. A mio parere questo provvedimento avviene adesso (oltre che per i motivi da te citati) anche per il moralismo intrinseco a questo governo - moralismo non limitato al suo centro.
    Quello per cui da un lato si legittima ogni comportamento sessuale, dall'altro lo si vuole incasellare e proibire perchè comunque - nonostante tutto - lo si percepisce sbagliato. In una sorta di schizofrenia protestante, dove l'uomo si fa interprete del suo proprio Dio - e, se ha il potere, agisce di conseguenza.
    Infatti, sempre a parer mio, l'impostazione dietro questo provvedimento è assolutamente a-cattolica: ha la sua radice in una morale laica che si rifà sicuramente ad una legge naturale, ma che probabilmente se richiesta di esplicitare le ragioni per questa proibizione (se pure ci riuscisse, cosa della quale dubito) citerebbe Catone più che la Chiesa.

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  8. Berlicche, può benissimo darsi che ci sia del vero in quel che tu dici. Però, pragmaticamente, a me interessa molto di più che questo provvedimento l'abbiano preso. Le motivazioni profonde (o non motivazionei) sono affari loro--del resto mica si può cavare sangue da una rapa!

    Inoltre, i cattolici hanno avuto enormi responsabilità nell'aver consetito, pur avendo avuto il potere per cinquanta e passa anni, le degenerazioni che oggi stanno producendo gli effetti deleteri che conosciamo sui govani ...

    Ciao, Mauro, riprendendo il discorso fatto con Berlicche, diciamo che le vie del Signore sono veramente infinite.

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  9. E' esattamente questo quello che intendevo. Non è solo questione degli ultimi cinquant'anni: da sempre la Chiesa ha regolato queste faccende lasciando la massima libertà, tranne in rari periodi dove il moralismo ha prevalso - e, storicamente, non sono stati i periodi migliori. La Chiesa è attenta alla moralità, non al moralismo. Quando quest'ultimo prevale è perchè non si hanno ben chiari i presupposti di partenza ed il peccato originale ma piuttosto un formalismo vuoto.
    Temo molto i censori che hanno in mente una loro idea di come dovrebbe essere l'uomo senza avere l'amore alla persona come prima preoccupazione, tipo Stalin e Robespierre.
    Era la Ginevra di Calvino che bruciava gli omosessuali, tanto per intendersi, non Roma.

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