June 11, 2007

Quella piazza del Popolo cosi' deserta

Dunque, in piazza del Popolo, alla manifestazione anti-Bush dei rifondaroli e dei dilibertiani, erano in quattro gatti. C’è di che pensare, indubbiamente. Come del resto davano da pensare le chiare parole scandite davanti alle telecamere di un tg dall’Oliviero medesimo in corso d’opera e alla sua maniera: «Io sono comunista, ma non sono stupido, e dunque sono qui a manifestare contro Bush, non contro il governo Prodi». Dichiarazione solenne, accompagnata per altro da una mimica facciale assai espressiva: se ho afferrato il concetto, il messaggio era rivolto a quelli che, per loro fortuna, non sono stupidi, ché con tutti gli altri, tanto, è inutile discutere (parole sante!). Certo, pure a prescindere dal tasso di comunismo (o di anticomunismo, come nel mio caso) di ciascuno, viene appunto da riflettere anche su questo: essere comunisti non significa essere stupidi. E l’excusatio non petita di Diliberto—autentica lezione di onestà intellettuale—lo conferma oltre ogni ragionevole dubbio.

A sinistra, però, quello di Diliberto non è stato l’unico colpo d’ala. Massimo Cacciari, infatti, ha messo il suo sigillo ad un’altra manifestazione di superiorità intellettuale. Il che, ovviamente, non sorprende che gli sprovveduti, giacché tutti conosciamo l’acume e la profondità del sindaco-filosofo. Dunque, su Repubblica di ieri si leggeva un’intervista che, datemi retta, è da incorniciare. Si iniziava, per la verità, con alcune constatazioni un po’ sbrigative, tipo questa:


«Il flop di piazza del Popolo? Bene, benissimo. Così diventa sempre più evidente: Giordano, Diliberto & company sono dei conservatori, forze del passato remoto, residui di ideologia. Con l’innovazione non hanno nulla a che spartire. Ecco perché non li segue più nessuno».

Si può condividere, io direi, però che diamine, c’è modo e modo! Comunque il colpo di genio viene subito dopo. L’intervistatore, Umberto Rosso, fa un’obiezione: «Ma Il governo Prodi si regge anche grazie a loro …». Ed ecco la risposta secca di Cacciari:


«Oggi è così. Che altro vuol fare, con i numeri che abbiamo? Siamo costretti. Per questa legislatura. Perché nella prossima mi auguro che il nodo venga sciolto una volta per tutte. Il Partito democratico deve smetterla di andargli sempre dietro, fanno zavorra».

Devo dire che sono estasiato. Soprattutto per la prima parte della risposta, che ha fatto strame del diniego di Gerhard Schröder a fare l’alleanza con i comunisti in Germania, il che gli ha fruttato, pensate un po’, la sconfitta elettorale e il matrimonio forzato con la CDU per dar vita alla famigerata große Koalition. Altro che Schröder, signori miei: quello è un perdente nato, imparate dal filosofo!

Ma non è tutto. Sentite questo elogio di Casarini, che fa giustizia di qualsiasi meschina aspirazione alla coerenza politica e ideale:


«Possiamo dire tutto il male possibile di Casarini, ma almeno qualcosa di nuovo l’hanno portato: un bisogno della politica, del desiderio, dell’utopia, chiamatela come vi pare».

Già, l’utopia. Ecco cosa manca al Pd: mica una buona dose di riformismo fattuale e non parolaio, no, gli manca un po’ di cara, vecchia, sana utopia! Imparare da Casarini, compagni!

E’ finita? Neanche per sogno. C’è un’altra perla. Quando l’intervistatore, poveretto, prova a insinuare il dubbio che «a recitare il doppio ruolo di sinistra di lotta e di governo alla fine si paga pegno», lui subito risponde, senza alcuna esitazione, che

«Berlinguer era di lotta e di governo. Ma le manifestazioni del suo Pci erano oceaniche. Allora come la mettiamo?»

Oceaniche, già, bei tempi! E allora, come vogliamo metterla? Ma andiamo, Cacciari indica due Maîtres à penser come Casarini e Berlinguer, e l’Umberto non capisce che la Via maestra è questa, soltanto questa, nient’altro che questa? Suvvia, guardiamo al futuro!

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